THERAPIES...!   
Sveglia alle h. 06,00, abluzioni, roba varia da cesso, colazione. Quando arrivo al mio letto "prenotato" (dopo aver 
  ricopiato la "terapia" sul mio notes ed aver consegnato l'originale 
  all'infermiera, che la preparerà. Ricordarsi di segnare tutto e di controllare 
  i medicinali somministrati) sulle poltroncine ci sono già alcune gentili 
  signore e, da quel coglionazzo che sono, mi sento in diritto/dovere di lasciare 
  a Loro il letto, come i gentiluomini del "buon tempo andato" (andato 
  a ramengo, cazzo!). Considerando che mi devono sbattere in vena due litrozzi di 
  robaccia, a 50 mg per h., a crescere sino a 200 mg per h., calcolo che mi ci 
  vorranno almeno dodici o tredici ore. Una delle vecchiette ha un malore ed io, evitando prudentemente 
  di intervenire con respirazione bocca a bocca o manovra di Valsalva, mi sento 
  in dovere di chiamare Edo (medico responsabile), che la visita, la tranquillizza 
  e si accorge della mia manomissione.  Arrivo a casa che ho fatto tutto,...ed è appena mezzogiorno. Adesso, sempre che sopravviva ai miei dieci giorni di chemio 
  casalinga addittivata con cortisone, mi toccherà aspettare altri ventun 
  giorni prima di sperimentare di nuovo lo sballo monoclonale. 
 Mah!? 
   
  All'ospedale (Ematologia 1 - day hospital) alle h.07,00 (sempre con la mia malefica 
  vespa giallo cacca di piccione). Ritiro del bigliettino rosa
(necessario 
per emocromo + visita, prima dell'ipotetica terapia), 
e non sei nemmeno il primo della fila.
Primo prelievo alle h.8,00, ma manca il laboratorista (Maurizio, il baffuto ematosofo, 
arriva, di norma, tra le 08,00 e le 08,30) e così aspetto come un disgraziato, 
tra altri disgraziati, tutti con uno strano sorriso sulle labbra (se ci fosse 
già stata la pratica di fare la chemio all'epoca di Leonardo ho l'impressione 
che avrei scoperto l'origine del sorriso di Monna Lisa).
Eseguito il malefico prelievo (da una venuzza sul dorso della mano, perchè 
ormai nelle braccia non si becca più nulla di utile), in realtà 
mi tocca di attendere solo cinque minuti. Edoardo, il mio nanotecnologico ematologo, 
mi chiama, mi visita e mi prescrive, senza troppe balle, la terapia.
Con l'astuzia dell'esperto (quindici anni di rottura) avevo già provveduto 
a sbattere giacca, giubbotto e casco su di uno dei rari letti, visto che avrei 
dovuto (teoricamente) perdere una decina di ore sotto flebo; e tutto quel tempo 
seduto su di una poltroncina vuol dire almeno quattro o cinque corse in bagno 
e due o tre uscite fuori vena dell'ago (e via! ...altri buchi. Per fortuna che 
nel quartiere mi conoscono. Quando mi sposto altrove ho sempre paura che mi arrestino, 
visto che ho due braccia che quelle di un morfinomane sembrano seta cinese). 
  L'anticorpo monoclonale comporta un certo numero di rischi ed è per questo 
  che l'infusione (introduzione della sostanza in vena) deve essere fatta con 
  una pompa elettronica di controllo che ne limita il flusso. 
  
 
  Chiacchiero amorevolmente con le mie brillanti compagne di stanza per qualche 
  minuto, tanto per distrarre l'infermiera, e poi manometto la pompa d'infusione, 
  sbattendola a 375 mg per.h.. Dopo un paio d'orette mi sento un pallone areostatico, 
  ho fatto pipì tre volte, ho fumato dieci sigarette (sempre uscendo dall'edificio, 
  visto che è vietato fumare), ho fatto quattro giri del palazzo con flebo 
  al seguito e mi sono già succhiato due terzi della terapia. 
  L'Egregio Luminare mi fa pubblicamente un culo umiliante, insieme alle tre o 
  quattro infermiere starnazzanti che mi danno del "disgraziato irresponsabile". 
  Però mi permettono lo stesso di fare quello che mi pare.
  Edoardo taglia corto: "Lasciatelo in pace! ci sarà pure una qualche 
  ragione se è ancora in giro dopo tutto questo tempo.". Poi mi raccomanda 
  di stare attento e so che vorrebbe dirmi di prendere un'ambulanza o un taxi 
  per tornare a casa (hanno tutti paura della mia vespa giallo merda di piccione), 
  ma non trova il coraggio. Finisco in fretta, mi svenano (levano gli aghi dalle 
  vene) e me ne vado alla Standa a far la spesa. 
  Peccato che sia completamente bollito e quindi non in grado di apprezzare la 
  cosa. Alla sera, a mezzanotte, quando mi sveglio, la mia piccola adorata Anaconda 
  mi comunica che mi sono buttato sul letto (dove le mie donne , dopo avermi costretto 
  a dir loro che stavo bene, mi hanno amorevolmente spogliato) ed ho dormito per 
  dodici ore filate.
  Sono proprio un cretino!
  Mi sono perso tutti quegli straordinari e stroboscopici effetti collaterali. 
Genova, aprile 2004
		
			
   
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