Gabrielita
era un terribile mostro alato che quel cesso di Era aveva inviato in prossimità
della tana dei vesciconi, per punirli del fatto che se ne sbattevano di lei,
invece di sbattersela. Aveva il volto ed il busto di donna (cioé, più o meno...assomigliava,
insomma), il corpo di cane e di leone insieme, ali di aquila e fumava della
maledetta. Essa si appostava sul monte Citerone, subito fuori del niblog, e,
appena avvistava degli stranieri, cominciva a dire stupidaggini o proponeva
loro strani enigmi da risolvere. Comunque, poi, se li mangiava in ogni caso.
Quando passò di lì topo gonzo, Gabrielita cercò di propinargli il famoso enigma
"quattro, due, tre", ma topo gonzo, completamente fatto di amarone, la interruppe
bruscamente:"Non rompere Gabrielita. La soluzione me l'ha già data il sicofante,
megalomane CazzTrain (tratta dal Bignami, n.d.f.), e non fare scherzi, altrimenti
ti vomito addosso tutto l'amarone delle cloache". Gabrielita, disperata dello
smacco subito, si gettò a capofitto dal roccioso Citerone e, dimenticandosi
di avere le ali (per non smentire la fama dei fessi), si spiaccicò sul fondo
valle. Topo gonzo, che non aveva capito alcunché di quanto successo, rimase
stupefatto. Il suo mononeurone si addormentò di colpo e così, il topo, perse
memoria persino delle proprie intenzioni.
LA MOSTRUOSA GABRIELITA
La favola insegna un sacco di cose, ma io sono troppo stanco per scriverle.
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