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La
guerra sotterranea - The hidden war - pag.2
DIFFERENZE STRUTTURALI E LORO CONSEGUENZE
In una società (primitiva, relativamente parlando) nella quale gli elementi a più lunga sopravvivenza temporale fossero quelli femminili i rapporti interpersonali dovrebbero risultare sottilmente modificati. La memoria "storica" (stiamo parlando di una situazione essenzialmente "pre-scrittura") ed il "riferimento" tribale resterebbe normalmente in capo al soggetto più anziano e ricco di esperienza (generalmente una donna) e, vista la probabile prevalenza dell'elementofemminile nell'ambito dell'organizzazione interna del gruppo per ragioni che dovrebbero trovare giustificazione nei molti fattori che favoriscono le femmine nell'organizzazione tribale (in parte accennate in precedenza e completate sia dal maggior rischio corso da coloro che operano per periodi più lunghi "al di fuori" del gruppo, sia dalla maggiore protezione senza dubbio assegnata ai soggetti procreatori) , appare normale che la maggior parte degli eventuali rapporti conflittuali interpersonali o intergruppi abbiano la possibilità di essere risolti senza perdite eccessive.
La matrice (radice "mat/mater", struttura di replicazione) base della comunità giustificherebbe anche (sia pure in assenza delle pratiche agricole stanziali che normalmente la rafforzano in una struttura "maschio-dominante") la forte significanza attribuita all'elemento "generatore" nell'ambiente circostante, consolidata anche dalla coincidenza dei cicli tra elemento femminile e luna che pare propria di una cultura e di una società ancestrali. La guerra del tempo o dei tempi (lunare/solare) è anche argomento dell'interessante libro "Guerre del tempo nel cielo di Giuda" di Alvaro Innocenti, 2002, MEF, sia pure riferito ad evento assai specifico propria ancor oggi di quasi tutte le culture primitive (quindi culti della Dea Madre, società a bassa conflittualità e con scarsi elementi di concorrenza. Tutti gli uomini sono "figli" di qualcuna e tutti i figli sono "uguali" per la madre), mentre l'aspetto viscerale dei rapporti tra soggetti (stiamo parlando di un ambiente nel quale la sopravvivenza è ridotta, i tempi morti [caratteristicamente indispensabili per la "mente-oziosa"] sono quasi nulli e le possibilità di riflessione astratta appaiono improbabili o assai difficoltose), proprio del rapporto materno, renderebbe superflua, fatte salve alcune necessità di ordine funzionale, la formazione di consolidate strutture gerarchiche piramidali.
Secondo la mia interpretazione ci sarebbe quindi stata, in un periodo durato circa 15/25 mila anni ed il cui termine è databile a circa 5/12 mila anni orsono, una prevalente struttura sociale con caratteristiche matrilineari, scarsamente conflittuale (relativamente parlando), sessualmente "promiscua" (sempre relativamente parlando), con una spinta animistica verso l'aspetto "generatore/trice" dell'ambiente circostante e con ridotti incentivi alla riflessione astratta non direttamente funzionale alla sopravvivenza del gruppo sociale. (Murray O., Lanzi C., Wastonecraft M., Maffessoli M., Gernet L., Kamen H., Kirk R.). ll
Per inciso mi permetto
di ricordare che non esistono giustificazioni di ordine scientifico ad una
patrilinearità della successione nel patrimonio genetico (e per analogia
della successione in senso lato, anche considerando l'incertezza della paternità).
Anzi, se si dovesse prendere in considerazione la quantità percentuale
di materiale costitutivo della cellula embrionale, risulta evidente che, mentre
il Dna nucleico è composto in percentuali eguali da Dna materno e paterno,
il Dna mitocondriale è sempre e soltanto trasmesso dalla madre
(Jean Brachet, "Introduction to molecular embryology" - W.F.Bodmer/L.L.Cavalli
Sforza, "Genetics, Evolution and Man") . Quindi gran parte
dell'intero meccanismo di produzione dell'energia, e delle attività
correlate, nella cellula embrionale sono di origine esclusivamente materna,
pur ricordando sempre che il patrimonio cromosomico mitocondriale è
quantitativamente assai ridotto ed in grado di sintetizzare, secondo le attuali
conoscenze, un numero limitato di "prodotti".
Quanto in precedenza
riferito, se posto in relazione con la particolare fisiologia della specie
e con il progressivo aumento di quelli che potrebbero essere definiti (fisiologicamente)
"tempi morti" o del "pensiero ozioso" conseguente alla
stanzialità ed all'adozione dell'agricoltura, assume un'evidente rilevanza
ai fini di una migliore comprensione dei meccanismi della comunicazione intersessuale.
E' bene ricordare che la fisiologia sessuale della specie umana trova particolare
rispondenza in quella dei primati superiori ed è essenzialmente diretta
ad un efficace e funzionale riproduzione. Questo comporta la considerazione
che la vita "utile" (agli esclusivi fini di cui sopra) risulta compresa
tra i 12/14 anni ed i 24/30 anni. Entrambi i sessi sono fertili ed in grado
di allevare e proteggere i cuccioli per questi quindici/diciotto anni
ricordando che si sta parlando di fisiologia di base della specie in un sistema
non modificato dalle sovrastrutture materiali e culturale prodotte dalla cosiddetta
"civilizzazione". E' corretto anche osservare che in generale il
cuore dei mammiferi terrestri, nel loro ambiente "naturale" (naturale
è un termine idiota, ma visto che lo usano tutti, soprattutto gli ecologisti...)
svolge il suo compito attraverso un numero di battiti pressochè costante
in tutte le specie (dagli ottocento milioni al miliardo e duecento milioni
di battiti nel corso di una vita. Una formula che sembra valida per quasi
tutte le specie, con variazioni in aumento per i mammiferi domestici). Applicando
questa grossolana formula agli esseri umani si ottiene un'età massima
variabile da 22 a 32 anni.
Tutto il periodo temporale successivo (dai 30 ai 70, tendenziale verso gli
80/90) deve trovare un qualche impiego. Esiste insomma una pesante
crasi tra un meccanismo riproduttivo che è rimasto "ancestrale",
non subendo variazioni ed adattamenti evolutivi, e l'aumento della durata
della vita media individuale, senza compensazioni sostanziali. Il problema
sembra trovare qualche soluzione comportamentale nella replicazione (da parte
dei maschi) dei comportamenti riproduttivi propri della cosiddetta "età
fertile" (quindi continuando a cercare disperatamente di accoppiarsi
con il maggior numero di femmine possibile ed in tutte le circostanze) e,
parzialmente, con altri meccanismi connessi alla conduzione di una più
complessa ed elaborata vita sociale e di quella che viene definita vita "produttiva"
ma che, sostanzialmente e da un punto di vista strettamente fisiologico, non
riveste grande importanza naturalmente il
contesto/struttura in cui trascorriamo la maggior parte del suddetto periodo
"inutile" le conferisce, invece, grande importanza per l'avvio dei
cuccioli ad un esistenza mediamente soddisfacente nella nostra complessa società.
Ed è proprio
questa discrasia tra fisiologia e "realtà acquisita" che
complica ulteriormente tutti gli aspetti della comunicazione intersessuale.
La donna, più fisiologicamente (ed anche culturalmente) orientata all'allevamento
dei piccoli , sembra, anche in una societa maschio-dominata, incontrare minori
difficoltà all'impiego del periodo "voluttuario" e maggiori
difficoltà (in gran parte attribuibili, a mio parere, alle sovrastrutture
etico/morali/religiose/culturali) a continuare a rispondere alle fisiologiche
ed ancestrali esigenze dei maschi, che persistono imperterriti a replicare
comportamenti propri del periodo "fertile" (ricordate che mi sto
riferendo solo alla comunicazione intersessuale e non, quindi, agli aspetti
ideativi ed astratti della comunicazione in senso lato) . Se su questo "sistema"
alterato si sovrappongono costruzioni ideologiche (politiche o religiose)
che giustificano o motivano particolari comportamenti/strutture di potere,
in nessuna occasione spiegabili se non tautologicamente, si finisce per non
comprendere aspetti "critici" evidenti dell'odierno consorzio umano
(chiamiamolo così), quali l'enorme preponderanza di crimini contro
la persona commessi da maschi e la quasi inesistenza di crimini sessuali perpetrati
dalle femmine della specie.
Questi elementi inerenti alla fisiologia ed alla comunicazione primaria/semplice
(orientata per il maschio all'esercizio di quanto più buon sesso possibile
e per la femmina all'esercizio di quanto sesso sia sufficiente per procreare
e, quindi, all'allevamento dei cuccioli), pur se estremante indicativi e rilevanti
in una cultura, come quella attuale, maschiocentrica, non possono essere trascurati
persino nella mia ipotesi di un'antica, diffusa e predominante cultura madricentrica.
Certamente, in quest'ultima, alcune possibili soluzioni a questo specifico
problema dovevano esistere e, in alcuni casi, dovrebbero riflettere sistemi
relazionali nei quali la madre era sempre certa ed i piccoli erano figli di
molti padri o "zii" (come vengono tuttora definiti presso alcune
popolazioni), configurando una sorta di poliandria, mentre in altri potrebbero
parzialmente richiamarsi a quella che attualmente definiamo "prostituzione";
così antica da non poter essere materialmente datata questa particolare
"attività" di un determinato numero di soggetti femmine assume
caratteri di sacralità e di funzione sociale tanto maggiori quanto
più si risale indietro nel tempo. Il che farebbe ritenere che, nella
mia precitata ed ipotizzata società madricentrica e matrilineare. questa
(della prostituzione sacra o istituzionale) potesse costituire una delle valide
soluzioni almeno per il problema della "pressione" fisiologica dei
maschi e delle conseguenti violenze da "privazione" commesse dagli
stessi.
CONTINUA...
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RICHIAMO A PAGINA DI RACCONTINI-
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1761 - descrizione di F.SCOTTO :
MAPPE ANTICHE DELLE
CITTA' ITALIANE- da F.Scotto "Itinerario d'Italia" :
GESU' CRISTO - alcune
ipotesi sulla figura storica :
I VOLTI DEL DIAVOLO - DEVIL'S
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