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IL Papato Pag.24
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VENTI SECOLI DI PAPATO
L'inevitabile Riforma
(le immagini del testo sono in parte originali ed in parte tratte dai testi citati in bibliografia)
Poco dopo il Borgia (nell'intervallo ci fu Pio III) salì sul
trono papale Giulio II, uno degli uomini più rimarcabili della storia. Era un
francescano genovese, alto, di bella presenza e sifilitico. Pagò per essere
eletto centinaia di migliaia di ducati e, subito dopo, decretò che chiunque
corrompesse nel corso di un Conclave doveva essere deposto.
Uomo atletico, egli portava sempre con se un bastone con il quale colpiva
chiunque gli rompesse le scatole. La religione per lui non era neanche un hobby
e la sua quaresima consisteva in pranzi con trote, lamprede, tonno ed il
miglior caviale.
Viene ricordato anche come un patrono delle arti e l'essere riuscito a
convincere
Michelangelo a produrre le decorazioni della Cappella Sistina va sicuramente
a suo merito (Michelangelo rifiutò il primo incarico e, dopo essere fuggito
a Firenze, accettò solo nel 1508, due anni dopo e soltanto perché Giulio II
lo costrinse).
Probabilmente Michelangelo non amava particolarmente dipingere e , ritenendosi
uno scultore, pensava che in un opera del genere non avrebbe potuto esprimersi
al meglio. Persino dalle "ricevute" da lui redatte traspare questa sua
opinione:
"Io, Michelangelo Buonarroti,
scultore
, ho ricevuto 500 ducati in acconto....per
dipingere
la volta della Cappella Sistina"
In quattro anni l'artista riempì quasi 500 metri quadri di volta con oltre 300
figure.Lo stare sempre disteso gli fece venire il gozzo, gli irrigidì la spina
dorsale e la sua barba si fuse con i peli del torace.
La sua opera creò un nuovo Vaticano.
Giulio però amava la guerra ancora più dell'arte e gli piaceva condurla
personalmente. Era un ottimo stratega e, malgrado fosse così consumato dalla
sifilide da non poter offrire il piede da baciare "quia totus erat ex morbo
gallico ulcerosus", andava a cavallo in armatura guidando il suo esercito una
volta tanto non per la famiglia ma per il papato. Sembra fosse sua
l'espressione, nel corso dell'assedio di Morandola, allora in mani francesi,
"Vediamo chi ha le balle più grosse, se il re di Francia o il papa". E non si
riferiva alle palle di cannone.
Era, peraltro, anche un donnaiolo impenitente (ancora da cardinale aveva già
avuto tre figlie)
Alla nuova elezione il cardinal Farnese corse fuori dal conclave urlando a
squarciagola:"Palle! Palle!". Era il riferimento ai "palli" dello stemma
de'Medici. Sembra che fossero tutti stupefatti, perché era una scelta
imprevista.
Giovanni de Medici aveva solo 38 anni ed essere figlio di Lorenzo il magnifico
e di una Orsini doveva essere stato un vantaggio non da poco.
A sette anni, epoca della sua prima comunione, venne fatto abate. A otto il
Re di Francia lo volle arcivescovo di Aix en Provence; fortunatamente qualcuno
controllò e riscontrò che c'era già un arcivescovo ad Aix. Per compensazione
il Re lo fece priore di Chartres. A undici diventò abate di Monte Cassino. A
tredici anni divenne il più giovane cardinale di ogni epoca, pur non eguagliando
il primato di Benedetto IX, che diventò papa ad undici anni.
Persino Innocenzo VIII, che non era di mentalità ristretta, ebbe degli scrupoli a portarlo nel Sacro Collegio prima dei vent'anni e pretese che trascorresse tre anni di prova apprendendo teologia e canone ecclesiastico.
All'epoca della sua elezione Giovanni "faccia di pasta" era grasso, miope con gli occhi a palla e, per ragioni all'inizio non ben chiare, casto. Non aveva ne amanti ne "nipoti" ( o bastardi). La ragione era probabilmente la sua omosessualità. Guicciardini afferma che il papa era eccessivamente dedito ai piaceri della carne, specialmente a quelli che, per decenza, non possono essere menzionati.
Quando il Concilio iniziò Giovanni era malato e dovette esserVi trasportato in barella, cosa che portò alle stelle le sue possibilità di nomina. Gli elettori avevano anche altre ragioni per votarlo: egli soffriva di ulcere croniche sulla schiena ed i frequenti interventi chirurgici (per la loro capacità infettiva) avrebbero dovuto mandarlo all'altro mondo quanto prima. Malgrado tutto ciò, Leone era davvero un carattere brillante e vivace. Le sue prime parole come papa furono dirette a Giulio de Medici, suo cugino illegittimo:"Ora posso veramente divertirmi."Toltosi il cappello cardinalizio lo passò al cugino con le parole:"Per te, cugino mio" e si mise la tiara papale (Tra l'altro Giulio ne fece buon uso diventando papa con il nome di Clemente VII, uno dei papi più disastrosi).
Invece di dar via tutto per seguire Cristo, Leone prese per se tutto ciò che poteva in nome di Cristo. Giocatore incallito e spendaccione si diceva obbedisse a Gesù in una cosa sola: nel non darsi pensiero del domani. Era l'unico tipo di papa con cui i romani si sentivano a proprio agio. Spendeva tutto con loro, invece di spremerli come limoni per fare stupide guerre, come quel maniaco di Giulio II.
Era un epoca di sfarzo senza paragone. Il Cardinal Cornero dava pranzi di 65
portate , ciascuna delle quali era composta da tre differenti piatti. Durante
il Carnevale si trascorrevano giornate intere gozzovigliando, assistendo a
spettacoli e facendo balli mascherati.
Leone stipendiava direttamente 683 cortigiani, molti giullari, un orchestra, un
teatro permanente (specializzato in Rabelais) e pagava il mantenimento di un
gran numero di animali selvaggi, dei quali il suo preferito era un elefante
bianco, donatogli da Re Emanuele del Portogallo.
Leone manteneva alla Magliana una residenza di caccia che non aveva nulla da
invidiare a Castel Gandolfo e spendeva cifre tali (prendendole spesso in
prestito da banchieri ad interessi usurari del 40%) che tutti i bordelli di
Roma (c'erano 7.000 prostitute registrate su di una popolazione di 50.000
persone) non riuscivano a rendergli abbastanza da andare in pari. La sifilide ,
come disse appunto il sifilitico Benvenuto Cellini, "era frequentissima tra i
preti".
Per fare più soldi Leone si inventò nuove cariche da vendere, quadruplicandole
rispetto a quelle esistenti con Sisto IV. Era sua consuetudine metterle all'asta
per ricavarne di più. Ci furono anche tentativi di assassinio da parte di alcuni
cardinali che lo volevano morto (v. Cardinal Petrucci di Siena, attraverso
l'opera
del medico Battista de Vercelli), andati regolarmente a monte. Nel 1517
arrivò
al punto di formalizzare la vendita delle indulgenze, divulgando addirittura
un apposito tariffario, la
TAXA CAMARAE
, che
sembrano concedere indulto e perdono per quasi ogni immaginabile crimine.
Nel corso del suo papato, e sempre per ragioni di soldi, scoppiò il "casino tedesco". La vendita al Principe Alberto di Hohenzollern, già vescovo di Magdeburgo e Halbertstadt, delle diocesi di Mainz e della Primazia Tedesca, contro un fortissimo prestito da parte dei banchieri Fuggers, portò Leone ad elaborare un piano di rientro per il debito contratto da Alberto con lui, mediante un'ulteriore vendita di indulgenze. L'incarico venne materialmente affidato al domenicano Tetzel (che ne traeva il suo personale guadagno) che , venditore abilissimo, riusciva a smerciare indulgenze per tutto (pare che qualcuno abbia venduto anche un'indulgenza così potente da rimettere i peccati persino a chi avesse violentato la Vergine Maria).
L'eccesso vergognoso portò Lutero a reagire inchiodando le sue "Novantacinque
Tesi sulle Indulgenze" sulle grandi porte del castello di Alberto a Wittenberg.
Martin Lutero, d'altra parte, non era certo il primo a criticare il papato.
A parte tutti gli episodi precedenti è da ricordare il rifiuto inglese di
ospitare
Innocenzo IV (1243-54, allora in fuga da Federico II), giustificato dagli
Inglesi
"perché la dolce inghilterra non avrebbe potuto sopportare il tanfo della Corte
papale." e l'icredibile lettera di ringraziamento di Innocenzo (materialmente
scritta dal cardinal Hugo) al popolo di Lione (che lo aveva invece ospitato)
:
Durante il nostro soggiorno nella vostra città, noi (la Curia Romana),
siamo stati di caritevole assistenza per voi. Al nostro arrivo c'erano soltanto
tre o quattro sorelle dell'amore, mentre alla nostra partenza vi abbiamo
lasciato
, per così dire, un bordello che si estende da una parte all'altra della città
(dalla porta occidentale alla porta orientale)."
Nello stesso secolo (milleduecento) San Bonaventura, cardinale e generale dei
francescani, paragonò Roma alla meretrice dell'Apocalisse, anticipando Lutero
di trecento anni. Questa Puttana, egli disse, rende i Re e le nazioni ubbriache
con la sua puttanaggine. Dichiarò anche di non aver trovato in Roma altro che
lussuria e simonia, persino nei gradi più alti della Chiesa. Roma corrompe i
prelati, che corrompono i preti, che corrompono il popolo.
Dante spedì all'inferno papa dopo papa e torme di prelati.
Il vescovo Alvaro Pelayo, aiuto papale ad Avignone, suggerì che la Santa Sede
avesse infettato con il veleno dell'avarizia l'intera chiesa:"Se il papa si
comporta così, dice il popolo, perché noi dobbiamo fare diversamente?"
In un giorno normale Giovanni XXII, capo di Pelayo, scomunicò un
patriarca,cinque
arcivescovi, trenta vescovi e quarantacinque abati. Il loro crimine era di
essere
in ritardo sulle tasse da pagare al papa. Il Machiavelli scrisse (più o meno,
è una citazione a memoria) :"Gli Italiani hanno un gran debito verso la Chiesa
Romana ed il suo Clero. Attraverso il loro esempio, noi abbiamo perso la vera
religione e siamo diventati completi atei. Prendetela come una regola, più
vicina
una nazione è a Roma, meno religione c'è."
Caterina da Siena disse a Gregorio XI che non aveva bisogno di visitare la Corte
papale per sentirne l'odore: "La puzza della Curia, Santità, ha da lungo tempo
raggiunto la mia città."
Una delle probabili ragioni dell'enorme numero di prostitute in Roma era che
in nessun altra città c'era un maggior numero di celibi. I conventi erano spesso
anche bordelli e le donne portavano con se un coltello, quando andavano a
confessarsi,
per proteggersi dal confessore. Erasmo (sedicesimo secolo) scrisse una storiella
nella quale Giulio II cerca di entrare in paradiso ed incontra San Pietro, che
non lo riconosce. Giulio si leva l'elmetto e mostra la tiara, ma San Pietro
è sempre più sospettoso. Finalmente Giulio alza le chiavi papali sotto il naso
di San Pietro. L'apostolo le esamina e scuote la testa dicendo:"mi spiace ,
ma qui in paradiso non vanno bene per nessuna porta."
Nel 1520 Lutero viene scomunicato da papa Leone. Lutero si appella al Concilio
Generale che per venticinque critici anni sia il papa sia la Curia si rifiutano
di convocare.
Solo nel 1545 Paolo III (soprannominato "il cardinal sottana"), su pressione
del Contarini e di altri uomini di fede, convocherà il Concilio di Trento, che
pur salvando la Chiesa , facendo emergere individualità di spicco nella fede
e trasformandone i criteri etici, concretizzò lo scisma in atto.
Trento confermò l'enorme potere papale, a scapito dell'indipendenza dei
vescovi, e divise definitivamente cattolici e protestanti. Una delle
conseguenze fu che per trecento anni non si tennero altri Concili.
La cosa curiosa è che Lutero non aveva inizialmente l'intenzione di uscire dalla
Chiesa, ma quando un papa cretino come Leone X lo scomunicò anche per aver
detto:"bruciare
gli eretici è contro la volontà dello Spirito Santo", non aveva altre
alternative
ragionevoli, essendo quello che era. Calvino seguì poco dopo, introducendo la
riforma in Ginevra nel 1541. Il protestantesimo si difuse a macchia d'olio senza
che la Curia Romana si rendesse chiaramente conto delle conseguenze del proprio
atteggiamento.
Nel 1555 apparve un nuovo pontefice, in un Cristianesimo che stava virtualmente esplodendo, più cieco e più sordo dei precedenti e con l'idiota convinzione di essere Gregorio VII redivivo.
Era quel coglione di Paolo IV.
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