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IL Papato Pag.41
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VENTI SECOLI DI PAPATO
L'aborto e la contraccezione
(le immagini del testo sono in parte originali ed in parte tratte dai testi citati in bibliografia)
La maledetta questione dell'aborto.
Si direbbe che due immagini congelino due posizioni estreme: la prima è quella di un medico cattolico che esibisce un feto completamente formato in un'ampolla ed il feto ha sembianze innegabilmente umane. "Questo", dice il medico "è un aborto. L'assassinio di un essere umano." La seconda è quella di una donna che mostra un lungo oggetto di metallo a forma di cucchiaio dicendo "questo è l'oggetto che ha ucciso milioni di donne quando l'aborto era vietato dalla legge, E solo per impedire alla donna di decidere quando restare incinta."
La vera stranezza è che, in via assolutamente astratta, una volta tanto l'idea sottesa dalla dottrina non può essere scartata come retriva o obsoleta. A parte la maggiore gravità che comporta l'aborto per un cattolico, conseguente al problema del peccato originale ed alla condanna eterna all'inferno del feto, la soluzione comportata da un intervento in genere traumatico non è mai facile per alcuno.
E questo, anche tenendo conto dei i sistemi che eliminano l'embrione chimicamente, con sistemi non traumatici, con pastiglie o supposte che lo provocano, pone molti problemi di carattere generale e speciale che devono, in una società civile, essere risolti con i mezzi disponibili e con la politica del male minore.
Ricordando che la questione della morte di figli o feti è stata evidenziata dalle dottrine cristiane, mentre nelle civiltà precedenti era in genere normale sia l'aborto sia l'eliminazione della progenie più debole e/o inadatta (così era per greci, romani, egiziani, ittiti, celti e goti), è bene fare presente che negli ultimi cento anni si è verificato nella società moderna un radicale cambio di attitudine verso l'aborto. Solo nel 1939 erano pochissime le nazioni nelle quali , solo in pochi casi ben specificati, era possibile porre in essere un'interruzione di gravidanza. Ora la maggior parte delle nazioni cosiddette "civili" lo contempla e lo regola nella propria legislazione.
Pur non essendo eticamente favorevole alle procedure abortive, soprattutto tenendo conto delle innumerevoli interruzioni di gravidanza che si verificano annualmente nel mondo (stimate in 60 milioni) e dell'idiozia dell'intervento "in se", non posso che contemplarlo come possibile in un contesto sociale nel quale le varie confessioni religiose pongono così drastici paletti alla contraccezione ed all'insegnamento sessuale.
Magari un po' meno conversioni e catechismo ed un po' più di educazione sessuale renderebbe meno pressanti alcuni problemi per la nostra gente.
Ma non esprimo giudizi, che sarebbero menosi e complessi, mi limito a dire che Giovanni Paolo II ha condannato l'aborto fissando quattro punti essenziali, riconosciuti da sempre come certi per il cristianesimo, e cioé: 1) il concepito è un essere umano; 2)è un essere umano dal momento del concepimento; 3)ha quindi gli stessi diritti di ogni altro essere umano (gli stessi della madre o dei fratelli, per esempio); 4) uccidere "direttamente" il concepito è "sempre" un omicidio.
Anche se egli avesse ragione su ogni punto, quanto di queste affermazioni è "costante insegnamento cattolico"? La risposta è proprio NIENTE.
Molti cattolici ritengono che l'anima sia infusa al momento del concepimento. Lo credono un articolo di fede, mentre in realtà non lo è. Vaticano II° lasciò la questione in sospeso per l'ottima ragione che dal quattrocento in poi tutti i cattolici, papi compresi, davano per scontato che l'anima non fosse infusa nel corpo al momento del concepimento. E se la chiesa si opponeva all'aborto anche allora non era sulla base della teoria che il feto fosse un essere umano.
Vi rammento che queste non sono questioni di lana caprina. Gli aspetti ideologici della questione sottendono una complessa serie di conseguenze che, in una confessione religiosa (salvo che non sia "aperta"), conducono a condanne eterne e definitive (naturalmente non tutti dispongono di un papa onnipotente che decide al posto di Dio).
Dal quinto secolo in poi la chiesa accettava senza discussioni la primitiva embriologia di Aristotele, nella quale l'embrione partiva come essere "non umano" che progressivamente si animava, evolvendo da essere vegetativo, attraverso una fase animale, sino ad essere umano (solo negli ultimi momenti della sua vita fetale era "umano"). Graziano perciò poteva dire: "Non è un assassino colui che produce l'aborto prima che l'anima sia nel corpo."
Le caratteristiche del feto venivano attribuite solo al padre. La cosa (ed era corretto chiamarlo "la cosa") diventava "umano" a quaranta giorni se maschio e ad ottanta giorni se femmina. Le femmine erano causate da un difetto nel seme o dal clima al momento del concepimento (così sostiene Tommaso d'Aquino). Un aborto all'inizio della gravidanza quindi non era un omicidio, anche se doveva considerarsi come sbagliato perchè nel feto c'era il "potenziale" per diventare un essere umano.
Nel quindicesimo secolo cominciarono a domandarsi se non fosse possibile liberarsi senza colpe del feto in certe particolari circostanze. Per esempio quando fossero frutto di violenza, incesto o anche adulterio, oppure nel caso la salute della madre fosse a rischio. Le discussioni andarono avanti altalenando tra le varie soluzioni. I papi fecero lo stesso. Gregorio XIII (1572-85) sostenne che non era affatto omicidio abortire nei quaranta giorni dal concepimento ed anche dopo era si un omicidio, ma non un omicidio serio, in quanto non causato da odio o vendetta. Sisto V (Bolla Effrenatum , 1588) stabilì che l'aborto era sempre omicidio e poteva anche essere punito con l'eventuale scomunica dalla Santa Sede (a piacere). Il suo successore, Gregorio XIV affermò che le censure di Sisto V dovevano essere considerate inesistenti e mai emesse.
Nel 1621 un medico romano, Paolo Zacchia, suggerì che l'ottica di Aristotele non fosse proprio corretta ed in conseguenza il Vaticano permise il battesimo dei feti di meno di quaranta giorni (ma senza renderlo obbligatorio).
Solo dopo il 1750 la Chiesa assunse posizioni più rigide sulla questione, sino ad arrivare alle obbligazioni poste in essere da Pio IX nel 1869 (per le quali ogni aborto meritava la scomunica). Ma questi (Pio) era ben lungi dal rinforzare una tradizione esistente, anzi se ne staccava completamente, adottando la posizione di un unico papa prima di lui, Sisto V, quasi quattrocento anni addietro.
Le sue giustificazioni furono che l'anima veniva infusa al momento del concepimento e che embrione e madre avevano gli stessi diritti.
Di lì a poco veniva sancita la sua infallibilità e la dottrina della Chiesa diventava ferrea. Il Sant'Ufficio chiuse la porta ad ogni possibilità.
Persino in casi pratici (Leone XIII, 1985) la decisione obbligatoria era di lasciar morire madre e feto piuttosto di effettuare un aborto. Nel 1917 le punizioni religiose per l'aborto vennero estese anche alla madre (pur se impotente o incosciente). Per un certo periodo furono anche condannati gli aborti cosiddetti "indiretti" e cioè quando si interveniva a rimuovere un tumore o un escrescenza provocando involontariamente l'aborto. Solo nel 1951 Pio XII permise l'aborto "indiretto" in certi particolari casi.
Le problematiche diventano complesse quando si va sul pratico. Per esempio se un medico rimuove un embrione pericoloso da una tuba di Fallopio "senza rimuovere anche il pezzo di tuba" commette un aborto. Se rimuove anche il brandello di tuba che lo conteneva si tratta invece di un aborto "indiretto" e quindi permesso (nel primo caso è un omicidio diretto , nel secondo un omicidio incidentale).
Naturalmente l'approccio all'aborto è una diretta conseguenza "pratica" della dottrina sulla contraccezione. Se tutto lo sforzo posto dalla Chiesa sull'evitare le pratiche contraccettive fossero state rivolte solo alle pratiche abortive, considerando accettabile la contraccezione, è probabile che questa piaga dolorosa (soprattutto per le giovani madri) avrebbe una differente diffusione.
Preciso ancora che non ho pregiudizi in merito. Personalmente ed astrattamente ritengo l'aborto una pratica retriva ma sostengo e sosterrò sempre il diritto delle madri di decidere se portare avanti la gravidanza o meno. Sono loro che ne portano il peso, pagandone l'altissimo prezzo, e meritano tutto l'appoggio e l'aiuto possibile.
Il problema etico connesso con l'anima del feto non è di facile soluzione, soprattutto quando si pensa che due terzi degli ovuli fecondati vengono naturalmente abortiti senza che la madre nemmeno se ne accorga.
In astratto sarebbe come dire che un buon terzo degli esseri umani esistenti in un certo momento finisce nella coppa del cesso (oddio!.. prima o poi ci finisce lo stesso anche il resto).
Il diritto alla vita è sicuramente un diritto fondamentale, come sostiene l'attuale pontefice, ma non è sicuramente un valore che superi sempre e comunque gli altri valori. Se così fosse la guerra dovrebbe essere considerata fuori legge e così gli sport a rischio di vita , anche ipotetica, e le pratiche scientifiche, come spedire razzi nello spazio, che possono causare perdita della vita.
La posizione del papa è scorretta anche perché diversa è la potenzialità vitale dell'embrione e dell'essere che lo contiene. Senza la madre l'embrione non esiste, non ha possibilità alcuna di sopravvivenza (la crescita in vitro è ancora una possibilità e non una realtà scientifica), mentre la madre sopravvive tranquillamente (anche se generalmente non benissimo e di certo non è contenta della faccenda). Questo implica che anche i diritti dell'embrione debbano essere considerati potenziali (come la sua vita) e siano quindi diritti "qualificati" ma non assoluti.
Le mostruose posizioni assunte dai difensori della posizione papale sembrano a volte uscite dalla mente di un sadico.
David Granfield scrive "due morti naturali sono un male minore di un singolo omicidio".Un prete cattolico ha detto:"è meglio che muoiano madre e bambino piuttosto che un dottore pratichi un aborto".Orientierung (rivista tedesca dei gesuiti) ha precisato che bisogna elogiare l'eroismo, il coraggio ed il sacrificio delle donne che preferiscono morire piuttosto di tradire la propria coscienza (abortendo in pericolo di vita per se e per il feto), sostenendo in pratica che in tali casi le uniche madri buone sono quelle morte.
Quella testa di cazzo di Bernhard Häring (teologo moralista cattolico) parla del grave danno psicologico e del rapporto "disturbato" con Dio che l'aborto provoca nelle povere madri, senza pensare al suo disgraziato rapporto con una vita di tutti i giorni durissima.
La Chiesa tedesca non prende nemmeno in considerazione le madri, trattando dell'aborto "terapeutico". La decisione "morale" che considera è solo quella del medico, rispettandone la decisione "di coscienza", cosicchè le madri passano dalla decisione di un estraneo a quella di un altro estraneo. Häring sostiene nel suo libro "La legge di cristo"(1967) che la medicina venne salutarmente stimolata dalla proibizione papale (che condannava l'aborto anche in grave pericolo di vita di "entrambi", madre e feto). Come dire che le migliaia di disgraziate che ci hanno lasciato la pelle hanno fornito ottimo materiale di sperimentazione alla moderna medicina. Ora "grazie ai papi" i medici non hanno quasi più bisogno di madri morte come stimolo a sviluppare la loro prassi (Ute Ranke-Heineman).
Ricordando Sant'Alfonso De'Liguori che sostenne nel 1700 la quasi assoluta necessità dell'intervento (allora decisamente omicida) cesareo sulla madre al solo fine di battezzare il feto (l'importante è salvare l'anima al feto, la madre magari è già stata battezzata), mi viene lievemente da vomitare (magari sono anche le terapie neoplasiche).
I diritti delle persone non possono essere sempre considerati assoluti. Essi sono soggetti alle circostanze e, tristemente, il feto non è in grado di esercitare i propri diritti. La protezione che gli deve essere attribuita dovrebbe essere in primis costituita dalla prevenzione, perché, come scrive giustamente Callaghan nel suo libro "Abortion:Law,Choise and Morality", IL BENE CHE SI VUOLE OTTENERE VIENE REALIZZATO A SPESE DI ALTRI BENI; IL PREZZO PAGATO PER LA PROTEZIONE DELLA VITA FETALE E' TROPPO ALTO. UN'INTERPRETAZIONE DELLA "SANTITA' DELLA VITA" CHE STABILISCA FISSE REGOLE MORALI, RIGIDE GERARCHIE DI VALORI E DI DIRITTI ED UNA FERREA ESCLUSIONE DELL'ESPERIENZA E DELLE RISULTANZE SOCIALI RAPPRESENTA UNA POSIZIONE ASSOLUTAMENTE INSOSTENIBILE.
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