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VENTI SECOLI DI PAPATO

L'amletico personaggio

(le immagini del testo sono in parte originali ed in parte tratte dai testi citati in bibliografia)

Giovanni Battista Montini era nato il 26 settembre 1897 a Brescia ed era stato educato in famiglia (come Pio XII) prima di essere ordinato sacerdote nel 1920. Due anni dopo venne comandato presso il Segretariato di Stato , dove servì sotto due imperiosi pontefici, Pio XI e Pio XII. Nel 1954 Pio XII lo spedì in esilio, se così si può dire, quale arcivescovo di Milano (si ipotizza per alcune sue simpatie sinistrorse). Certo è che non lo nominò mai cardinale.

Giovanni XXIII lo nominò immediatamente a tale carica e, quando iniziò il Concilio Vaticano II, Montini fu l'unico prelato in trasferta ospitato nel Palazzo Vaticano. Benché Giovanni lo descrivesse come "amletico personaggio", incapace di prendere decisioni immediate, probabilmente si rendeva conto che sarebbe stato il suo successore.

Una delle sue priorità, dopo la nomina a pontefice, fu quella di allargare la Commissione papale sul controllo delle nascite, aggiungendo abbastanza membri (ultraconservatori) da equiparare il numero dei laici.

Il problema sorse quando i tre principali teologi liberali cominciarono a fare convertiti, convincendo i quattro quinti della commissione che non vi era differenza tra il "periodo di infertilità" (permesso da Pio XII) e l'uso del preservativo (che aveva rappresentato sino ad allora una forma di mutuale e peccaminosa masturbazione). La necessità di apportare dei cambiamenti netti e definitivi, deliberata sostanzialmente dalla Commissione, arrivò al pontefice mediata dall'orrore della vecchia guardia Curiale ed il papa "amleto" riportò indietro il papato di mezzo millennio in un colpo solo.

Egli decise infatti che avrebbe personalmente esaminato il rapporto della Commissione e poi avrebbe deciso per conto suo. Tutto quanto Giovanni aveva prodotto rinnovando il concetto di Collegio Ecclesiale di amore e fratellanza andò a puttane (l'originale concetto di chiesa, clero e fedeli unitariamente coinvolti nei processi decisionali).

Così una volta ancora la Chiesa cattolica adottò l'attitudine de: "Il Papa sa meglio".

Padre F.X. Murphy, ancor prima della decisione Paolina, scrisse nel 1967/8: "l'insuccesso della Gerarchia nell'intervenire esplicitamente sull'argomento (contraccezione) è soltanto criminale. Lasciare la decisione solo nelle mani del pontefice non sembra, nelle attuali circostanze (Concilio Vaticano II°) ne giusto ne appropriato.".

I vescovi cedettero ed il loro crollo psicologico e morale può essere accostato con quello verificatosi cento anni prima nel Vaticano I°, quando abbiettamente, subirono la papale "infallibilità" malgrado le giuste proteste delle loro coscienze.

I due giorni più esplosivi del Concilio furono il 29 ed il 30 ottobre 1964, quando i padri discutevano de "la Chiesa nel mondo moderno". Il cardinal Léger di Montreal suggerì che il matrimonio non dovesse necessariamente fruttificare in unici atti di rapporto ma dovesse essere considerato come "intero". L'amore , egli insistette, deve essere considerato come un fine "di per se stesso" e non meramente come un mezzo per qualche altro fine, come la fecondità. Si trattava di un'interpretazione normale per qualunque laico ma straordinaria per un prelato.

Il belga Suenens chiese che venisse rivista l'intera dottrina classica della contraccezione, alla luce della scienza moderna, pregando i suoi "fratelli vescovi" di evitare un nuovo "affare Galileo".

L'intervento del patriarca Maximos IV° Saigh diede voce prestigiosa alle preoccupazioni di tutto il clero liberale esponendo con chiarezza intellettuale le problematiche legate all'interpretazione del matrimonio e del sesso poste in essere da soggetti (il clero) che non erano in grado di afferrare completamente i problemi e spazzando via le distinzioni tra fine primario (procreazione) ed altri fini del rapporto coniugale.

Persino il conservatore cardinal Alfredo Ottaviani manifestò le questioni legate all'assenza di controllo nelle nascite (e di conseguenza alla possibile sovrappopolazione).

La votazione del 30 concluse il dibattito e quella fu l'ultima volta in cui ai vescovi ed ai cardinali fu permesso dibattere liberamente questa essenziale problematica.

Il papa sospese la questione riservandosi di decidere ex cathedra. Alla sua richiesta di riaffermare quanto deciso con la "Casti connubi di Pio XI la Commissione rifiutò recisamente. Ottaviani e Garrone lo avvisarono che stava giocando con il fuoco vietando ai padri di discutere e poi cercando di imporre unilateralmente la propria idea. Si trovò un temporaneo compromesso apportando emendamenti alla relazione della commissione, ma mantenendoli solo verbali.

Naturalmente nulla venne ufficialmente deciso in sede Conciliare e Paolo VI, nelle sue successive uscite pubbliche ed approfittando dell'impossibilità dei vescovi di riunirsi nuovamente, dimostrò ampiamente di non aver capito un cazzo, ripetendo come un pappagallo tesi che non sarebbero andate bene due millenni prima e risultavano adesso ancora più improprie.

Idiozie sulla donna quale "riflesso" della "immacolata" "vergine" "docile" "addolorata" "benedetta" Vergine Maria, personaggio mitico se ce n'è uno, visto che anche queste sue prerogative erano state decise per via conciliare. Altre pesanti idiozie sul controllo delle nascite, sul "periodo sicuro", per finire con il dismettere le conclusioni della Commissione come "non definitive", conservando inalterato lo statu quo.

Evito di esporVi le diverse tesi della Commissione (ci furono due differenti relazioni , una moderata ed una estremista), che sostanzialmente portavano a modificare in concreto la posizione della Chiesa sul matrimonio e sul controllo delle nascite, con chiarezza interpretativa così sorprendente da far pensare che si trattasse di problemi profondamente sentiti anche dal clero.

Humanae Vitae fu la risposta, il 25 luglio 1968, a tutte le feconde istanze di rinnovamento portate alla luce da Giovanni XXIII. Frutto di lunga riflessione questa enciclica rappresenta il culmine della repressione etica e della retrività.

Riferendosi al "costante" insegnamento della Chiesa il papa rivieta il "periodo fertile" quando lo si utilizzi per non avere più figli oltre quelli esistenti, rivieta l'aborto e la sterilizzazione, condannando a morte milioni di madri e di figli insieme.

Condannando alla sofferenza ed alla povertà milioni di individui, considerandoli come disgraziati animali che devono seguire pedissequamente le leggi "naturali".

Lo squallore morale ed etico di questa encliclica, mascherata come saggio ed illuminato insegnamento, non ha pari in nessuna espressione letterario/didattica recente. L'idiozia delle tesi esposte sembra non avere limiti ragionevoli, ne umani ne divini. L'interpretazione dei rapporti umani che traspare dalle parole del papa appare quella di un semideficiente (eppure era un politico di grande qualità) che non si rende conto di come e di dove vivano i suoi disgraziati, questa volta veramente, fedeli.

Slums e favelas, ghetti, periferie sporche e case fatiscenti. Decine di figli senza il cibo con cui nutrirli e le medicine con cui curarli. Donne e uomini che vivono un'esistenza bestiale di fatica, dolore e sofferenza.

Non credo che noi che viviamo nel "primo mondo" (10% scarso della popolazione mondiale) ci rendiamo completamente conto della situazione esistente negli altri "mondi". Ma il papa, lui si avrebbe dovuto rendersene conto.

The Guardian, The Economist e persino il cattolico The Tablet ironizzarono sulle posizioni papali. The Times dissentì rispettosamente. I giornali italiani, l'Unità compresa, sfiorarono il ridicolo per la pochezza dei loro commenti.

Le resistenze nel mondo cattolicofurono comunque fortissime e condussero, come era prevedibile, alla assoluta pratica irrilevanza delle prescrizioni papali, producendo analogicamente il mancato rispetto di altre ben più nobili e serie disposizioni etico/religiose.

Come gli studi di Padre Andrew Greely (The American Catholic, 1977) dimostrarono ampiamente ed irrefutabilmente, il declino della Chiesa cattolica e delle sue vocazioni deve attribuirsi essenzialmente, non al Concilio Vaticano II° come sostengono alcuni teologi conservatori, ma alla leadership papale nell'area della morale sessuale. La conclusione di Greely è che il Vaticano II° senza l'"Humanae Vitae" avrebbe dato forte spinta alla crescita della Chiesa. "Humanae Vitae", senza Vaticano II°, sarebbe stata un assoluto disastro. Insieme furono un mezzo disastro.

Non voglio parlarVi delle conseguenze logiche della posizione morale della Chiesa sulla diffusione delle malattie veneree. Magari lo farò in seguito.

Adesso mi fa troppo incazzare.



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