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VENTI SECOLI DI PAPATO

Qualche cosa sul celibato

(le immagini del testo sono in parte originali ed in parte tratte dai testi citati in bibliografia)

La recente posizione della Chiesa sulla concessione al clero di ritornare allo stato laicale è abbastanza variegata, andando da un papa che, come Paolo VI, prendeva saggiamente atto della situazione e cercava di porvi rimedio limitando il danno (Sacerdotalis Caelibatus , 20 giugno 1967) a pontefici come Giovanni Paolo II, che hanno rinnovato le severe restrizioni precedenti, ritenendo , erroneamente, che limitare queste "licenze" avrebbe positivamente influenzato i fedeli e fermato il calo delle vocazioni (cosa che non è assolutamente successa).

Considerando che le ordinazioni ecclesiastiche normalmente vengono assegnate a soggetti che non hanno alcuna esperienza di vita sociale, sembra ragionevole ritenere che il contatto continuo con il "gregge" possa offrire al giovane pastore o alle pastorelle squarci di orizzonte prima impediti dalle mura dei conventi e dei seminari.

Che il celibato si richiami ad epoche apostoliche sembra affermazione ridicola, soprattutto tenendo conto di quanto raccontatoVi in precedenza su papi e clero, sulle loro famiglie e sulle loro discendenze (ricordiamo che il celibato è stato istituito "ufficialmente" dal Concilio di Trento del 1545 ed incluso formalmente nel Diritto Canonico solo nel 1917), e considerando che Pietro era sposato così come lo era probabilmente anche Paolo.

Personalmente ritengo che anche Gesù fosse maritato, ed anche felicemente, il che spiegherebbe discorso della montagna e la sua posizione sul matrimonio. Renderebbe assolutamente appropriata la posizione ambigua della "Maddalena" (spesso identificata con Maria di Betania e con la sorella di Lazaro [la cui resurrezione , così contro natura, avrebbe un senso se egli fosse stato cognato di Gesù]) e giustificherebbe la sua posizione "ufficiale" di rebbi (che dovevano essere sposati, secondo le tradizioni) ed anche alcuni altri interventi altrimenti inspiegabili (vedi l'episodio delle nozze di Canaan, nel quale non si capisce con quale criterio i servi si rivolgano a Maria prima ed a Gesù poi per risolvere il problema della mancanza di vino, salvo che non trattasse della madre dello sposo e dello sposo medesimo, deputati tradizionalmente a "pagare" il rinfresco).

Peraltro è bene ricordare che Paolo non fece mai alcun collegamento tra ministero e celibato, anzi affermò esplicitamente che "un vescovo deve avere una sola moglie", volendo significare che colui che seguiva la tradizione patriarcale ebraica di avere diverse mogli, non avrebbe potuto diventare vescovo. Paolo fu molto chiaro sulla questione e questa è la ragione per la quale in quelle epoche un gran numero di uomini sposati divenne prete.

Le più antiche Costituzioni Apostoliche (terzo/quarto secolo) impongono addirittura la regola per la quale gli uomini maritati, invece di liberarsi della moglie al momento della loro ordinazione, hanno l'obbligo di tenerla (Canones Apostolorum, Can.6 "Episcopus aut presbyter uxorem suam non abjiciat"- Episcopus aut presbyter uxorem propriam nequaquam sub obtentu religionis abjiciat. Si vero rejecerit, excommunicetur; sed si perseveraverit, dejiciatur.-) D'altra parte se venivi ordinato celibe, tale dovevi restare.

Dei due più grandi canonisti medievali, Graziano dice, nel 1150, che la Chiesa Greca ha "conservato le tradizioni più antiche"(ricordiamo che l'atteggiamento della Chiesa Orientale è ancora quello sopra citato, i preti possono essere sposati), mentre l'Aquinate sostiene che Gesù non separò Pietro da sua moglie perchè non desiderava sciogliere un vincolo sacro agli occhi di Dio (cosa che, come abbiamo già visto, i papi si sono arrogati sovente il diritto di fare).

Il pesante influsso gnostico (decisamente sessuofobico) e le interferenze di una cultura semibarbarica nella quale la donna valeva meno di zero, condussero presto ad un ottica nella quale la castità rimpiazzò la carità come principale virtù evangelica. La religione diventò sempre più ascetica, casta, dolorosa e priva di gioia. La correlazione posta in essere tra peccato originale e sesso (il piacere sessuale venne identificato, da quella insulsa banda di dementi inibiti e masochisti, come il primo e più amaro frutto del peccato originale) accentuò la visione sordida del sesso e , per simpatia, anche del rapporto coniugale.

Anche la visione della verginità appare ai nostri occhi pesantemente pervertita dall'incapacità di osservare la situazione con onestà intellettuale.

Essa costituiva uno stato che si era liberi di scegliere o di lasciare, ma non era una condizione meritevole di onore. Nella tradizione biblica una vergine non era una ragazza pura, ma una ragazza "non maritata", qualcuno talmente povero ed impotente da non essere richiesto in moglie da alcuno. Tale era anche l'ottica dei primi cristiani nei confronti di Maria, che, nel Magnificat, prega Dio di porre la sua mano pietosa non sulla sua purezza, ma sulla sua solitudine e sulla sua "nullità". Egli colma la sua fame e la sua povertà. Le nascite dalle "vergini" esprimono solo la capacità di Dio di porre rimedio alla sterilità, creando la vità in un grembo morto e questo spiega anche la molteplicità degli interventi divini, che ritroviamo nella bibbia, posti in essere in casi di donne anziane e non più fertili.

Questo basilare errore interpretativo su Maria contribuì ulteriormente a dequalificare il sesso ed il coniugio, conducendo alla insulsa affermazione che Maria era benedetta perchè aveva rinunciato al sesso.

Nel sinodo di Elvira (locale, spagnolo) si cercò di costringere alla castità, senza riuscirci, tutti i ministri del culto, collegando anche la balorda ideà (assolutamente pagana e ritualmente pre-cristiana) che il contatto con la donna comportasse una "impurità" che non permetteva di toccare poi l'ostia.

La regola di proibire ai preti di sposarsi dopo l'ordinazione sacerdotale divenne presto generale. Assunse forma ufficiale con il Concilio di Nicea del 325, ma mentre il vescovo di Roma (futuro papa) voleva che venissero condannati a lasciare la moglie anche i preti già regolarmente sposati il Concilio decise in maniera del tutto contraria, stabilendo anzi che i preti già sposati avevano l'obbligo di tenere con se la moglie.

Con il consolidarsi della Cristianità persino la verginità assunse a titolo di merito e celibi e vergini ebbero anche occasione di trarre forti vantaggi economici dalla loro condizione (celibi e vergini venivano incentivati con agevolazioni fiscali e privilegi legali).

Nel quarto secolo una Chiesa riccamente dotata di patrimonio terreno vide il possibile rischio comportato da soggetti che si dovevano preoccupare anche del futuro benessere terreno dei propri figli e, privilegiando ulteriormente i celibi, rese tale qualità quasi indispensabile.

Damaso, papa nel 366, inventò un'altro genere di abuso, rinunciando alla moglie ed ai figli e così fece Adriano II nell'867, lasciando la moglie Stefania ed i figli quando salì sul seggio papale. Siricio , vescovo di Roma nel 385, sostenne per primo la necessità per il clero di dormire in letti separati, dolendosi per la scarsa sensibilità dimostrata verso il suo messaggio dalla Chiesa Spagnola e da quella Africana. Innocenzo I rinforzò i concetti di Siricio (che, tra l'altro, non era riuscito a trovare uno straccio di documento che giustificasse la sua tesi). Il non sanzionare la violazione del dettato papale (al solo fine di non portare a conoscenza dei fedeli l'esistenza del problema) condusse però nei secoli successivi ad un progressivo imbarbarimento della vita del clero. La maggior parte si proclamava celibe, mentre viveva in maniera spensieratamente libertina. Leone I, affermò che i vescovi ed i preti sposati dovevano trattare le moglie come "sorelle", mentre in Italia abati e preti gestivano famiglie degne di patriarchi giudei. Le cariche ecclesiastiche divennero quasi ereditarie, tanto che un gran numero di papi e vescovi erano essi medesimi figli di preti (Bonifacio I, Gelasio, Agapito, Silverio [figlio addirittura di un altro papa, Sant'Ormisda], Teodoro). La situazione era tale che il celibato trionfava a spese della castità e, dato che la carriera ecclesiastica era condizionata dal celibato, la scelta più vantaggiosa era sempre il concubinaggio.

La cosa curiosa è che tutti i matrimoni dei preti erano comunque considerati validi, perchè, trattandosi di un diritto naturale, nemmeno la Chiesa è autorizzata a proibire il matrimonio. L'attuale disciplina Romana di invalidare i tentativi di sposarsi dei preti (rinunciando all'ordinazione) è assolutamente immorale e non conforme al costante insegnamento cristiano.

In questo periodo la mancanza di rispetto per la donna raggiunse culmini ineguagliabili. Le loro esigenze non importavano ed i loro diritti non esistevano. Quando un papa, come Sisto III, veniva processato per aver sedotto una suora, si difendeva dicendo "lasciate che chi è senza peccato tiri la prima pietra" e se la passava tranquillamente liscia. Nessuno era senza peccato.

Sia Pelagio II° (che era addirittura contento quando i suoi preti non passavano i beni della Chiesa alle famiglie), sia Gregorio il Grande non ottennero risultati nel cercare di frenare la promisquità del clero, tanto che San Bonifacio descrive la situazione in Germania drammaticamente: tutti i preti erano promisqui, passavano le notti a letto con 4/5 donne, alzandosi al mattino solo per celebrare la messa. I vescovi erano adulteri e fornicatori incalliti. Nel nono secolo molti conventi erano rifugio di omosessuali o bordelli nei quali l'infanticidio era la norma (le donne venivano fatte abortire o veniva ucciso il bambino dopo la nascita per ragioni di carriera). Visto che veniva più facilmente perdonato il concubinaggio del matrimonio , molti preti rinunciavano tranquillamente al matrimonio. Le accuse d'incesto erano frequentissime, tanto da costringere a proibire al clero di tenere in casa sorelle, figlie o madri.

Molti vescovi preferivano consentire ai propri preti di sposarsi al fine di limitare gli spaventosi eccessi portati dal celibato. Il vescovo Segenfredo di Le Mans era tranquillamente sposato con Hildeberga, che veniva ddirittura chiamata "vescovessa". Alla sua morte il figlio Alberico ereditò senza problemi la sua diocesi. Il numero dei vescovi che estesero il loro potere attraverso matrimonio e figli è enorme (Rainbaldo, vescovo di Fiesole, Raturio, Alberico, Segenfredo, etc.).

Se si pensa che papa Alessandro II, nel 1064, prosciolse da ogni accusa un prete che era stato sorpreso in flagrante adulterio con la seconda moglie di suo padre "perché non aveva commesso il peccato di matrimonio", e perdonò , affidandolo solo alle cure del suo vescovo, ad un altro prete che aveva commesso incesto con la propria madre, ci si rende conto di come per il papato persino l'incesto fosse preferibile al matrimonio.

Lo strano è che persino uomini come Pietro Damiano, inviato a imporre il celibato al clero milanese e piemontese (1050 ca.), dovettero riconoscere che i preti piemontesi, tutti regolarmente sposati, erano "un coro di angeli", pastori perfetti del loro gregge, colpevoli solo di essere sposati.

Le cose andarono in modi diversi a seconda delle varie località ma, ufficialmente, a Piacenza nel 1095 Urbano II condannò i matrimoni dei preti una volta per tutte (matrimoni che continuarono come prima in un mucchio di paesi). Al concilio parteciparono anche 500 religiosi, che, per dimostrare il loro impulso evangelico vendettero le loro mogli come schiave (congratulazioni!).

Dal 1050 in poi si susseguono Concili ed Encicliche che cercano disperatamente, è il caso di dire, di imporre il celibato con tutti i mezzi ma senza mai riuscirci pienamente. Le cose andarono avanti più o meno così, nella corruzione più totale e nella promisquità più curiosa, fino al Concilio di Trento, che ci mise un pò ma limitò le conseguenza pubbliche del celibato del clero. Fu anche necessario imporre la separazione tra confessore e confessandi (per mezzo di paratie, grate, etc.) perché la confessione era sempre una fonte di tentazioni e di occasioni per il parroco e per le fedeli (a volte il parroco si rifiutava di assolvere la confessanda se essa non gli si concedeva sessualmente.

In un equilibrato ed interessante volume di recentissima edizione (Preti sposati nel Medioevo - F.Quaranta - 2000 CLAUDIANA) l'autore presenta cinque testi, redatti dall'XI sec. al XIII, che testimoniano la sofferenza e la resistenza opposta dai clerici ad una modifica, violentemente ed ingiustamente imposta, ad una tradizione seguita e rispettata con notevole costanza. Nei testi in esame le argomentazioni addotte per difendere e giustificare il matrimonio dei preti (in senso lato) appaiono valide e ragionevoli ancora oggi, frutto di buon senso, fede ed umanità che rimasero schiacciate tra le esigenze di potere (materiale e spirituale) e di ricchezza che diventarono dominanti nel periodo in discorso.

Ora mi scuso con Voi ma ne ho le scatole piene e non me la sento più di continuare.

So di non essere stato equilibrato nel raccontarVi le cose, ma la disparità delle fonti me lo permetteva. So anche di non aver seguito un corretto ordine cronologico nell'esposizione. Ma documenti e fatti restano lì lo stesso, anche se la loro interpretazione può variare.

Ci sarebbero ancora moltissime cose tristi, orribili, buffe e curiose da raccontare, perché la storia della Chiesa è ricca di personaggi e di inspiegabili incongruenze.

Sicuramente bisognerebbe parlare della donna nel mondo clericale, dell'onanismo, approfondire il discorso sull'omosessualità e magari, perché no, cercare di spiegare le ragioni (veramente misteriose!) della Mariologia.

Magari, tra un po', riprenderò in mano il mouse.

Good-bye e cercate di stare bene (da malato cronico di cancro ho rivalutato il "vale" dei romani)!

 


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