![]() |
IL Papato Pag.31
|
questo sito è a costruzione progressiva (a puntate)
VENTI SECOLI DI PAPATO
Un papa paesano (di fatto e di mente)
(le immagini del testo sono in parte originali ed in parte tratte dai testi citati in bibliografia)
Erano i primi di agosto 1903 nella Cappella Sistina. All'ombra del Giudizio Universale il voto sembrava andare come previsto quando il cardinal Puszyna, il vescovo polacco di Cracovia (allora parte dellì'impero austro-ungarico), si alzò per rivolgersi ai suoi 61 colleghi del conclave. Aveva da consegnare un messaggio prima della terza votazione per eleggere il successore di Leone XIII. Si trattava di un messaggio di Francesco Giuseppe, che, esercitando il suo antico diritto, esercitava il veto nei confronti del Cardinal Rampolla, ex segretario di stato.
Si trattava di un terribile insulto e di una interferenza assolutamente non accettabile.
Gioacchino Pecci, Leone XIII, era morto il 19 luglio 1903 , dopo aver regnato molto a lungo. Malgrado la sua fama di liberale per aver aperto gli archivi vaticani (dicendo: "La Chiesa non ha paura della storia"), era anch'egli un assolutista. Il suo amicio e biografo Giuliano de Narfon riporta una conversazione tipica del tempo: "Cosa farebbe Lei - viene chiesto ad un cardinale - se il Santo Padre volesse obbligarla ad ammettere che due più due fa sei?" "Lo ammetterei senza indugio" fu la risposta, "e prima di sottoscriverlo gli domanderei : Vuol mica che gli faccia fare sette?".
Nel 1896 Leone decise che gli ordini anglicani erano invalidi, abolendo tutti i sacramenti di questa confessione religiosa e trasformando (solo nell'ambito del suo campo da gioco, per fortuna) l'arcivescovo di Canterbury in un laico. Ma , malgrado tutto questo, Leone diede il via ad una stagione di realpolitik, insistendo per il riconoscimento della repubblica francese e cessando di invocare il ritorno della monarchia. Forse un po' d'aria fresca cominciava a circolare.
L'intervento nel corso del conclave , nel quale Rampolla, filo francese, era favorito rispetto al suo avversario, Gotti, filo austriaco, modificò l'evoluzione del voto (malgrado le veementi proteste e le dichiarazioni di indipendenza dei cardinali), conducendo all'elezione di Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia. Pio X° non aveva desiderato l'incarico e lo accettò dopo molte esitazione e dopo lunghi pianti e molti tentativi di convinzione da parte di altri cardinali.
Figlio di un operaio, era nato nel 1834 a Riese ed entrò in seminario giovanissimo. Aveva verso la vita un'attitudine semplice e bonaria. Alcuni eventi sicuramente ne segnarono l'indirizzo politico, come la lunga attesa dell'Exsequator prima di poter prendere possesso della sua diocesi veneziana quando venne nominato patriarca di Venezia, ciò che lo convinse che l'unica soluzione ai problemi della società (secondo lui malata) era il papa e l'obbedienza assoluta al pontefice stesso.
La sua semplicità e la fede estatica, nel loro scontro quotidiano con i fatti sociali e politici, rafforzarono le sue convinzioni di una società malata , apostatica e moralmente depravata. Sicuro dell'esistenza di una congiura diretta contro la chiesa e portata avanti da teologi modernisti, evoluzione sociale, rivendicazioni politiche , la sua pochezza intellettuale lo rese facile alle castronerie, non giustificate dalla sua ipotetica infallibilità. Alcune sue encicliche sembrano frutto della mente di un deficiente, ignorante persino della dottrina che predica.
La cosa spiace perché innegabile è la sua sostanziale bontà d'animo verso le sue smarrite pecorelle.
Le decisioni assunte in ordine alla Commissione Biblica (istituita da Leone XIII per limitare le conservatrici decisioni del Sant'Uffizio) riportarono indietro la libertà di interpretazione dei testi sacri di cent'anni, ripristinando la "realtà storica" dei primi tre capitoli della Genesi (cinquant'anni dopo l"Origine delle Specie" di Darwin), l'assoluta realtà dei quattro evangelisti come autori dei vangeli sinottici ed attribuendo a Paolo tutte le epistole riportate come sue, anche se palesemente frutto dell'opera altrui.
Come giustamente diceva Voltaire solo quando il "mito" è accettato come tale esso acquista la sua intrinseca beltà e significanza.
Per Pio X il Diluvio è un evento reale e completo, la morte e le malattie degli uomini sono originate dal peccato originale e via così.
Persino il riduzionismo interpretativo che permette di vedere gli eventi biblici come accettabili, in quanto limitati nel tempo e nello spazio, rappresentava per Pio un indicibile errore teologico.
Nel suo "Lamentabili" il papa si scatena (si fa per dire) contro il suo mortale nemico, il Modernismo, elencando ( alla maniera del Sillabo degli Errori) una serie di proposizioni meritevoli di condanna che sembrano uscite dalla mente di un demente retrivo. Inaccettabili da un pensiero libero ed indipendente. L'enciclica "Pascendi" sembra un romanzo di spionaggio, rappresentando una società cristiana infiltrata dalla setta dei "Modernisti" che cerca di distruggerla.
Le condanne a grandi teologi cattolici irrogate da questo pontefice, con la sofferenza che inflisse, (v.Tyrrel e Loisy, Lagrange, Duchesne; tutti ne ebbero la vita e la professione rovinata malgrado fossero studiosi ed uomini di grandissima levatura scientifica e morale) rappresenta un grave peso sulla sua serenità spirituale. Il peso che portò l'abate Bremond, quando ammesso all'Academie Française nel 1924, a dire nella sua "orazione d'apertura" :"Io ho vissuto sotto quattro pontefici:Pio IX, Leone XIII, Benedetto XV e Pio XI", implicando o che per lui Pio X° non era proprio esistito oppure che sotto Pio X non era proprio possibile vivere.
La censura e le persecuzioni colpirono un po' dappertutto (persino Angelo Roncalli, il futuro straordinario Giovanni XXIII, venne indicato e sospettato come colpevole di "modernismo").
La lotta del papato contro l'evoluzione continuò anche con i due papi seguenti, anche se con minor convinzione e capacità di repressione, Benedetto XV e Pio XI, che tutto potevano essere tranne che dei giganti intellettuali.
Pio XII, che porta l'orribile peso della sua viltà o della sua personale mostruosa scelta di campo nel corso della seconda guerra mondiale, era comunque un individuo intellettualmente di grandi doti anche qui è necessario non dimenticare i campi di steminio organizzati in Croazia da Ante Pavelic (1942/1943), ricevuto regolarmente da Pio XII, e la partecipazione alle stragi dei frati francescani (Miroslav Filipovic, "Bruder Tod", ossia sorella morte). Persino alcuni ufficiali delle SS protestarono direttamente con Hitler per gli orrori serbo-croati, dei quali il papa era purtroppo informato ed alla sua morte, comunque, anche se non era lecito piangere un sant'uomo non si rese possibile trovare qualcuno alla sua altezza.
In quel duro momento (1958) capitò un miracolo.
![]() |
Il Papato Pag.31
|
|