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22/10/2002

 

protocolli terapeutici....

Questa la devo raccontare!
La cosa non mi tocca più di tanto, un po' perché conosco l'ambiente (nato e cresciuto in una famiglia di medici) ed un altro po' perché sono un cretino (abbastanza, almeno, da immaginare che si possa sempre trovare una strada senza dover ammazzare nessuno).

Se non lo sapete io sono un neoplasico, affetto da un linfoma n.h. da quasi tredici anni (una forma cronica, basso grado, multistadio) e mi sono toccate in sorte un certo numero di chemio/radio ed un certo numero di "ragionevoli" tentativi alternativi. Per quasi sette anni (gli ultimi sette) sono riuscito a mantenere stabile uno stato di convivenza con questo malanno, controllandone l'andamento e conservando una discreta "qualità della vita". Una serie di eventi avversi mi sputtana lievemente l'equilibrio e, nel novembre 2000, la malattia comincia a peggiorare. Dal novembre 2001 peggiora velocemente. I linfonodi crescono in modo significativo ed il sangue si deteriora pesantemente.
Circa un mese fa il mio ematologo (un ottimo studioso/ricercatore/medico ospedaliero in un Centro di levatura internazionale) mi dice che debbo sottostare ad una nuova chemio e, dopo vari ragionamenti, mi propone una terapia mista RITUXIMAB + CHOP. E' una terapia che conosco. Il rituximab è un anticorpo monoclonale, approvato da poco dalla Commissione Europea, e la sua utilizzazione associata alla vecchissima CHOP sembra funzionale. Senza volerVi rompere le balle , devo dirVi che Rituximab funziona in un rilevante numero di pazienti con linea linfocitaria B e con marker CD20. Tanto per farla breve, sembra il mio caso ed io approvo e mi sottopongo (d'altra parte cosa diavolo potevo fare?).

La terapia comincia, non senza qualche problema, e va avanti sino ad una settimana addietro quando, nel corso di un controllo periodico, il mio ematologo mi dice improvvisamente: "Beh! smettiamo qui...ora devi andare di sopra (sezione trapianti) per la preparazione per l'autotrapianto autologo di staminali." <Cazzo!>, penso io, e lui continua:" dovrai ricoverarti per tre/quattro settimane in camera sterile. Quindi preparati.".

Io ci penso sino a ieri e poi (sempre nel corso di un controllo) gli rispondo che io l'autotrapianto non lo faccio. Che mi spaventa ammorte. Che nessuno mi aveva avvisato o preavvisato di quanto sarebbe successo. Che è già noto in letteratura (medica) che il rituximab si può eventualmente ripetere più volte con risultati sovrapponibili (vuol dire che se ha funzionato la prima volta in genere funziona eguale anche le volte successive, almeno sino ad ora. L'utile connubio umano/murino è una medicina recente). Che, se il rituximab fosse servito (ed è cosa che si poteva verificare solo al termine del protocollo), me l'avrebbero potuto rifare in qualunque momento futuro avessi avuto una recidiva. E qui casca l'asino! anzi...crolla!

Il distinto, capace e , peraltro, simpatico personaggio mi risponde: "Sai Marco, è tutto vero, ma non so se l'Ospedale Te lo potrebbe passare gratis (ciclo completo rituximab = Euro 8/9.000,00 = Lit. 16/18.000.000) se rifiuti l'autotrapianto."
Senza pensarci troppo e senza perdermi d'animo gli chiedo se, provvedendo personalmente a pagare il costo dell'anticorpo monoclonale, l'Ospedale avrebbe dei problemi ad occuparsi della somministrazione e lui, correttamente, mi assicura la completa assistenza del reparto di Ematologia. Assolutamente gratuita ai fini dei vari controlli (periodici e non) e delle sostanze di contorno (al rituximab). A me toccherà solo pagarmi il rituximab.
Intanto mi fa un prelievo di midollo e, a scanso di rischi inutili, mi fissa le date degli ultimi due cicli di rituximab/chop.

Me ne vado tranquillo a casa, ma con un tarlo nel cervello. Anzi, più tarli:

Un autotrapianto autologo di midollo costa alla comunità circa Euro 50.000,00 (Lit.100.000.000.=), senza contare il costo delle procedure di purging (ripulitura) delle staminali e dei vari esami connessi, quindi il protocollo terapeutico approvato dalla struttura medica in discorso (rituximab+chop+autotrapianto), e che l'Ospedale è disposto a pagare, viene a costarci all'incirca Euro 65.000,00 (Lit. 130.000.000.= circa). Invece, quando funziona, il rituximab ha una durata media di 12/18 mesi (media), poi occorre ripetere la terapia (se possibile).

Entrambe le terapie sono abbastanza costose in termini di mortalità (nell'autotrapianto dal 5% al 10% dei pazienti muoiono a causa o nel corso dell'intervento e sarebbe interessante sapere quanti ne muoiono dopo per ragioni connesse ad una ridotta o deficiente risposta immunitaria. Nel rituximab siamo all'1% ma è necessaria molta attenzione e molta prudenza sia durante, sia dopo la terapia). Visti i dati di cui sopra sembra chiaro anche ad un deficiente matematico che per riuscire a raggiungere i costi della terapia originariamente prevista per me (appunto rituximab+chop+autotrapianto, Euro 65.000.00) dovrei poter ripetere sette volte una terapia a base di solo rituximab (Euro 8/9.000,00), con una "possibile" sopravvivenza di almeno sette anni.

E in sette anni possono capitare ( e si possono scoprire) un sacco di cose.

Alla sera, mentre mi sento di merda e rifletto con un certo sdegno sul fatto che, probabilmente, ci sono una serie di pazienti ai quali l'autotrapianto non può venir proposto per molteplici ragioni (stato fisico generale, disturbi cardiocircolatori, diabete, etc. etc.), che potrebbero beneficiare dell'uso dell'anticorpo monoclonale ed invece vengono sottoposti a vecchie terapie (per altro sempre utili) che li fanno secchi in breve tempo, mi innervosisco al punto da telefonare ad un mio nipote oncologo, che vive e lavora ad Udine, al quale racconto brevemente la faccenda.

Chicco (si chiama Francesco, ma sai com'è) mi ascolta, mi domanda se sono scemi e poi mi dice quietamente che non è il caso di preoccuparsi. "Nel caso avessi bisogno di ripetere la terapia," mi dice " e risulta dagli studi una piccola percentuale di pazienti che sembra essersi mantenuta in remissione, non fai altro che venire ad Udine e noi te la facciamo tranquillamente".

Ora sono più sereno. Per carità, probabilmente creperò lo stesso quanto prima per il linfoma e, magari, hanno davvero ragione questi di Genova a pensare a farmi l'autotrapianto (ma sarei curioso di conoscere i dati ufficiali dei sequitur a questo particolare intervento, visto che tutti quelli che conosco sono morti in meno di un anno, anche se di polmonite o altre puttanate varie), però almeno psicologicamente ho un'altra possibilità.

E tutti quelli che non hanno un nipote oncologo ad Udine che cazzo fanno?

Muoiono senza sapere, perché non rientrano nei protocolli stabiliti.

 

 

 

opinioni

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