02/01/2001 |
problemi
di comunicazione!
Telefonia, internet e televisione sembrano costituire la base strutturale di quella che viene denominata "new economy". I servizi resi nell'ambito di queste tre grosse corsie imprenditoriali, in futuro forse debitamente integrate tra loro seguendo strade che già ora tendono ad intersecarsi, dovrebbero rappresentare un sistema "globale" dell'informazione e delle prestazioni i cui vantaggi appaiono indubitabili.
Esistono, è vero, aspetti della globalizzazione che spaventano e preoccupano: il cinismo e la stupidità delle multinazionali , il loro disprezzo per le persone (clienti o utenti che siano) e per la loro salute, la disgustosa prontezza nello sfruttare le nostre paure e nello sforzarsi di indurre bisogni e necessità sostanzialmente inesistenti e/o artificiali sono tutti aspetti di una minaccia non soltanto incombente. Naturalmente ci sono potenti anticorpi nel sistema e, per esempio, la libertà della rete ne costituisce parte integrante, anche se non indispensabile. Tutto molto importante ed interessante, tutto molto "significativo".
Ma, proiettati in
un futuro che sembra costituito da "comunicazione", che cosa diavolo
sappiamo di essa, della comunicazione? e della pragmatica di comunicazione?
e della "metacomunicazione"?
Sembra molto poco, per non dire nulla!
Gli studi sono numerosissimi e di strardinaria profondità ed interesse, ma sembrano riservati solo ad un limitato numero di specialisti, che spesso, per nostra fortuna, sono talmente stupidi da non riuscire ad utilizzarli in maniera fruibile ed ancora più spesso, per nostra disgrazia, non hanno la minima preoccupazione etica in ordine alle ricerche che vengono loro commissionate da imprese e/o governi.
Di tutta questa complessa faccenda quello che non riesco ad accettare serenamente è il disinteresse della scuola per questo essenziale elemento della nostra vita: la "comunicazione". La medesima istituzione delegata ex lege a prepararci alla vita ed al lavoro evita accuratamente di spiegarci come e perché l'insegnamento, l'apprendimento o, in definitiva, la comunicazione funzionano o meno. E questo malgrado noi viviamo di "informazioni", interne ed esterne, di complesse relazioni interattive tra ambiente "esterno" e ambiente "interno".
Le uniche risposte che apprendiamo sono del genere stimolo/reazione, stimolo più forte/reazione ancora più forte e così via. Le stesse automatiche "funzioni" di relazione che portano a prendere a calci nel culo la moglie o a picchiare i figli, giungendo alla fine (sovente anche al principio) a rovinare la propria e l'altrui vita.
Ma ci sono altre
possibili risposte/reazioni (sempre che le reazioni non siano anch'esse stimoli,
come in effetti è). Non pare sia sempre necessario accelerare. Si può
anche cambiare marcia o fermarsi o andare a piedi o in aereo, o deviare o saltellare
o fare marcia indietro (in senso figurato). Insomma esistono molte categorie
di "risposte/stimoli", a livelli differenti e di ordine diverso, che
sembrano in grado di "manipolare" l'altro e noi stessi senza per questo
trasformare la "relazione" in una "malattia".
Pare
che per gli specialisti una comunicazione sana sia quella nella quale importa
il contenuto della stessa, mentre una comunicazione malata sia quella nella
quale ha rilievo il contesto (relazione tra comunicatori). Naturalmente anche
questa è una categorizzazione che ha senso solo in via generale ed è
quindi "falsa" (un po' come il mare "azzurro", che non è
mai realmente di quel colore) Non esiste un opposto del concetto di comunicazione
e questo rende impossibile "comunicare" solo contenuti (se ci sono
contenuti ci deve essere un contenitore).
Perché imparo una cosa (una materia) invece di un'altra? perché ho avuto un buon insegnante è la risposta più ovvia, ma cosa aveva quel professore di speciale? probabilmente "comunicava" in maniera appropriata in ordine al trasferimento di "nozioni".
Quello che cerco di dire ( e, rileggendomi, devo confessare di essere un cesso di comunicatore) è che devono essere insegnati anche i "modelli" funzionali di comunicazione;anche la "metacomunicazione" (lo studio del perché e del percome le informazioni viaggiano e vengono scambiate e degli effetti provocati) deve essere oggetto di insegnamento e di studio.
La "spontaneità" di cui tanto andiamo cianciando il più delle volte è fonte di dramma e di danno. Ma certamente è molto comoda per gli "altri", che possono contare su dati certi. Non c'è nulla di orribile nel manipolare o nel farsi manipolare dagli altri.
Basta solo saperlo!
Ma non c'è nessuno che ci insegna come scoprirlo.
opinioni
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