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GESU'
IL CRISTO PAG.6
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PAOLO
Ulteriore elemento da considerare per interpretare il contesto è il significativo apporto al moderno dogma cattolico/protestante da parte della dottrina predicata da Paolo.
Paolo (apostolo per sua dichiarazione [la presunta illuminazione sulla via di Damasco] e non per scelta del Gesù storico, che Paolo non conobbe mai e che anzi tentò deliberatamente ed in più occasioni di ridurre a soggetto teologico irrilevante, se pure ne aveva conoscenza) predicò (negli anni dal 50 al 60 e.V.e dopo aver a lungo perseguitato i cosiddetti "cristiani") una dottrina specificatamente diretta ai non circoncisi (Gentili) ed assolutamente invisa alla Chiesa originaria di Gerusalemme, allora sotto la conduzione degli apostoli scelti da Cristo (Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù, e gli altri, ai quali, comunque Paolo continua a fare riferimento, non rinunciando alla sua matrice culturale giudaica [ed insisto nel ricordare che la fede paolina costituiva, con il Cristo Logos mediatore tra uomo e Dio, una considerevole riduzione dell'olimpo giudaio, allora ricchissimo di presenze]).
L'impostazione dottrinale conferita da Paolo alla sua predicazione sembra essere stata respinta sin dall'inizio ed in maniera virtualmente completa dagli elementi ebraico/cristiani, tanto da condurlo inevitabilmente a privilegiare i Gentili quali destinatari della sua apocalissi.
La sua dottrina dovette perciò sembrare al nucleo originale
di seguaci del Cristo (Chiesa gerosolimitana) una vera e propria eresia, sia
perchè ignorava la distinzione tra gentili e popolo eletto (negazione
della premessa fondamentale del giudaismo), sia perchè ipotizzava la
presenza di un altro essere divino (Gesù trasceso, il cosiddetto signore
della gloria) in violazione del saldo principio monoteistico ebraico (ricordiamo
che, malgrado la popolare accettazione di molteplici presente "intermedie",
persino l'adorazione delle immagini per i giudei costituisce empietà
ed il rifiuto degli ebrei di chiamare Cesare "signore", avendo essi un solo
signore, Yahweh).
Mi si scusi la breve digressione: dai documenti
oggi disponibili appare chiaro che, pur con connotazioni lievemente diverse
dai culti misterici greci ed orientali, anche gli ebrei coltivavano una miriade
di intermediari di vario livello tra J (Dio, per brevità J) e loro medesimi
(angeli, arconti, potenze, sofia, verbo, logos, figlio, etc), gran parte dei
quali doveva considerarsi emanazione diretta di Dio (anche se alcune "potenze"
sono definite "malevole"). Ma in nessun caso un essere umano veniva
associato in qualche maniera con la persona di J. Ampi margini di superstizione
(sicuramente tra i soggetti meno dotti) esistevano nell'ambito delle varie sette,
così sviluppati da condurre alla produzione di amuleti, formule magiche
protettive, etc. etc. che sembrano avere connotazioni simili a quelle commerciate
dai nostri sedicenti maghi). La lettura dei documenti di Qumran e delle opere
gnostiche sembra darne chiara ed inconfutabile dimostrazione
In considerazione della sua particolare posizione (apprendimento del
cristianesimo
mediante rivelazione diretta e non da coloro che erano stati apostoli prima di
lui, una sorta di "protestantesimo" ante litteram) appare
ragionevolmente
giustificato il suo tentativo di difendere la propria posizione ed autorità di
"apostolo" contro i capi religiosi cristiani di Gerusalemme, "svalutando la
conoscenza
del gesù storico a favore di una comunione mistica con il cristo risorto
(S.Brandon,
History, Time and Deity, p.159 ss.)".
Peraltro tale atteggiamento è oggi confortato dalla molteplicità di scritti gnostici rinvenuti (in qualche parte forse anche influenzati dalla cultura misterica greco/orientale). Ed anche in buona parte dei vangeli cosiddetti "gnostici" la figura del Messia Salvatore (Cristo Gesù) non ha caratteri o riferimenti propri di una persona fisica "storica".
Dagli scritti di Paolo emerge dunque in molteplici circostanze
la necessità di giustificare la propria predicazione rispetto a quella
di altri "cristiani" (che non sono esplicitamente identificati con gli apostoli,
che cita espressamente quando lo ritiene necessario, o con i "dodici"
che non sembrano coincidere con gli apostoli precitati) i quali, evidentemente,
lo criticano pesantemente per ragioni abbastanza oscure (probabilmente il mancato
rispetto della Legge o per la moltiplicazione delle "persone divine"
o, forse, per la macabra invenzione di una comunione nella quale si divora il
corpo ed il sangue [mutuata da culti greci ed orientali assai più antichi]
che agli ebrei osservanti doveva sembrare oscena o, ancora e da ultimo, per
la consapevole ignoranza dell'ipotetica persona fisica di Gesù nella
sua predicazione) ma ai quali egli (Paolo) non sembra essere nella posizione
di fare alcuna critica salvo quella, insostanziale, che essi predicano un "altro
Gesù" ed un altro vangelo.
Se il Gesù a cui Paolo si riferisce fosse
effettivamente una emanazione spirituale di Dio e non corrispondesse ad un
essere
umano "fisico" (come ritengono diversi esegeti) molte delle nostre
giustificazioni fideistiche andrebbero riviste.
I suoi oppositori, che probabilmente sono quelli che lo faranno anche materialmente sparire dalla circolazione quando si recherà a Gerusalemme per trovare un accordo con la Chiesa gerosolimitana, sembrano poter essere identificati soltanto con alcuni degli apostoli originari e con i familiari diretti del Cristo, gli unici possibili soggetti (insieme ai "giusti" nazirei, come Giacomo) che, per diretta conoscenza di Gesù, vantavano titoli maggiori di chiunque altro sul decidere in tema di interpretazione teo/cristologica.
Per tali soggetti la fedeltà ad un Gesù Messia non doveva implicare necessariamente l'abbandono della loro fede ancestrale, soprattutto se lo avessero qualificato (come sembra indicare il comportamento degli ebrei patrioti nei decenni immediatamente successivi alla crocifissione) quale annunciatore e prodromo del regno di Israele e del suo Dio sul Mondo.
Tutte le testimonianze certificano, anzi, il loro straordinario zelo nella pratica del giudaismo rituale :la frequentazione del tempio, la partecipazione ai sacrifici, l'osservanza delle festività e della Legge ebraica, coniugate con il rispetto del voto dei Nazirei.
Persino molti sacerdoti e farisei si unirono, in questa fase, alla loro comunità in Gerusalemme ed il loro capo, Giacomo "fratello del Signore" (nel vangelo di Tommaso, forse il più antico insieme alla ipotetica fonte "Q", denominato anche "Il Giusto") ricordare anche che il termine fratello, in questa accezione, potrebbe anche non indicare una parentela di sangue. Anche allora i componenti le varie sette, in alcuni casi, partecipavano di fratellanza ideale, era tenuto in grandissima considerazione dalla popolazione ebraica. Secondo Egesippo Giacomo si distingueva per il suo straordinario zelo nella pratica rituale dell'Ebraismo ed aveva preso i voti di Nazireo e di Rechabita. Pare che egli solo godesse del privilegio di poter entrare nel Santuario.
Paolo, recatosi in Palestina al fine di trovare un accordo, fu costretto in Gerusalemme (parrebbe proprio da Giacomo) a provare la propria ortodossia.
Considerato dagli ebrei come un rinnegato venne salvato solo dal pronto intervento della guarnigione romana della vicina fortezza Antonia (da quanto riferito negli Atti, XXI,31-3, le truppe romane insediate nella fortezza Antonia si accorsero subito dell'aggressione contro Paolo nel cortile del Tempio ed intervennero).
Al fine di evitare di essere processato (per ragioni religiose) in Giudea e da un tribunale ebraico chiese, in qualità di cittadino romano, di essere giudicato dall'Imperatore.
Non si conosce l'esito del processo romano ma da quel momento Paolo, almeno sotto il profilo della documentazione "certa", scompare dalla storia.
Il disastro ebraico del 70 e.V.eliminò sicuramente (insieme alla revisione attuata dalla Chiesa Cristiana Cattolica) documenti e monumenti della chiesa originale (che avrebbe forse prevalso sulle deliranti [dal punto di vista di un cristiano/ebreo originale] dottrine di Paolo) ed il restante è costituito dalla grafomania di un mitomane mistico/gnostico (vedasi il discorso sugli arcontes, il signore della gloria e il disconoscimento di Cristo "kata sarka Christos", che ritroviamo nella seconda ai Corinzi) sulla quale (insieme a racconti e favole geopolitiche di seconda mano) sembra sia stata costruita la nostra fede religiosa (Paolo è unanimamente considerato da "tutti" gli studiosi la fonte primaria della nostra odierna dottrina religiosa).
Esiste una tradizione, il cui valore storico sembra assai scarso, che ipotizza la fuga nella cittadina di Pella di un nucleo della Chiesa Gerosolimitana, ma nessuna conferma è mai stata data all'ipotesi ed il fatto stesso che Pella non abbia mai avuto grande importanza nella tradizione paleocristiana dovrebbe essere una evidente dimostrazione che tale fuga non si è mai verificata o, se avvenuta, il nucleo dei fuggiaschi non era costituito da soggetti culturalmente preparati.
Se qualcuno della Chiesa Originaria fosse sopravvissuto a Pella avrebbe avuto un peso straordinario, quale testimone storico/religioso, sulla evoluzione della Cristianità. Peso che non c'è stato.
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