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GESU'
IL CRISTO PAG.7
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IL PROCESSO (si veda anche l'esame più approfondito, anche giuridico, nel link "IL PROCESSO" )
Altro elemento significativo dell'epopea cristiana è
costituito dall'evento processuale con in quale Gesù viene messo a morte.
Per inciso la data dell'evento viene normalmente stimata entro un periodo temporale
che va dal 29 e.V.al 34 e.V..
Gesł, presumibilmente nato nel 7 o nel 6 p.e.V., doveva avere allora un'etą variabile
da 35 a 40 anni (anche se mi sembra di ricordare che qualche "apologista"
gli assegna addirittura cinquant'anni).
E' notorio che l'unica metodica ufficiale (o comunque la principale) di esecuzione per i reati religiosi e penali era rappresentata, tra gli ebrei ed in Palestina, dalla lapidazione (anche se ci furono periodi in cui le condanne a morte potevano essere comminate "ufficialmente" soltanto dall'autorità romana, pare certo che fosse prassi quasi costante non interferire nelle procedure "interne" degli ebrei, permettendo Loro [Governo autoctono e Sinedrio], sia pure informalmente, di fare quello che volevano).
Dunque appare quasi certo che Gesù non venne condannato all'esecuzione capitale dal Sinedrio (il soggetto giuridico che aveva competenza sui reati religiosi, sui normali reati penali e su quelli politici minori - quelli politici e capitali di certa rilevanza sembrano essere stati di competenza dei romani), che, proprio dai vangeli sinottici, risulta, anche se confusamente ed in prima battuta, rinviare la questione al governatore romano.
Gesù viene condannato a morire crocifisso, sistema di esecuzione usato dai romani soltanto nei confronti dei ribelli, dei rivoltosi, dei sediziosi o dei criminali colpevoli di reati gravissimi verso la salute pubblica.
L'immagine di Ponzio Pilato che se ne lava le mani (secondo le poche fonti dell'epoca Pilato era un duro della più bella specie, saldamente pragmatico, che se ne fotteva allegramente delle credenze religiose e che sembra si sia comportato con inusitata durezza in tutte le località nelle quali era stato inviato [mancano però fonti attendibili]) rappresenta una specie di favoletta inventata evidentemente ad uso e consumo dei dominatori romani (al fine di dissociarne la responsabilità nella morte del Messia), ma con un occhio di riguardo ai nuclei originari di Ebrei della diaspora.
La cerimonia di purificazione del lavaggio delle mani non è infatti mai stata un usanza romana, anche se il suo significato non doveva sfuggire alla popolazione dell'impero, ma costituiva invece solida tradizione ebraica e rappresentava una precisa indicazione per gli ebrei/cristiani, dispersi e profondamente feriti dagli eventi distruttivi dell'ultima guerra ebraica, della non responsabilità dei romani nella eliminazione fisica di Gesù.
Lo stesso discorso vale anche per la presunta usanza di liberare un condannato in occasione della Pasqua (ipotetica scelta tra Gesù e Gesù Barabba), mai esistita e non riportata da alcun documento romano dell'epoca. Qualche studioso cattolico la giustifica sostenendo il desiderio dei romani di addolcire la fiera resistenza ebrea mediante l'associazione di una procedura di liberazione singola alla festività della Pasqua (che è festa di liberazione del popolo ebraico), ma, in realtà, sembra quasi inventata ad hoc per attribuire ai giudei il quantitativo massimo di responsabilità, alleggerendo quella romana.
La situazione dei vari nuclei paleocristiani (composti forse essenzialmente da ebrei) non era facile e la loro locale sopravvivenza dipendeva dall'accettazione, sia pure parziale, da parte della comunità imperiale nella quale si erano rifugiati.
Atteggiamenti di rivolta o di odio verso i romani avrebbero comportato probabilmente ulteriori durissime repressioni e forse anche la completa eradicazione.
Si suppone che i vangeli sinottici siano stati materialmente scritti in un periodo temporale che decorre dal 70 e.V.al 150 e.V.ed in luoghi sotto l'assoluto controllo dell'impero.
Sarebbe stato quindi veramente cretino da parte di qualsiasi popolo soggetto l'attribuire ai romani la responsabilità della morte del proprio Messia e sperare di poter continuare a professare la propria fede o, più pragmaticamente, di restare vivi.
Il vangelo di Marco (il più antico e quello che, secondo la maggior parte degli esperti, dovrebbe essere stato scritto in Roma o in località romana e destinato a cristiani di Roma) è anche quello nel quale la responsabilità dei romani, pur con molte inspiegabili contraddizioni ed imprecisioni, viene ridotta al limite minimo accettabile (anche se l'episodio della crocifissione non può essere negato).
Negli altri due vangeli sinottici la responsabilità
pare ricadere (con le conseguenze incontestabili che ne sono derivate [vedi
anche,se siete interessati, "VENTI SECOLI DI PAPATO" sul sito:"http://www.marcocapurro.org/papato/papato15.html"])
in maniera quasi assoluta sugli ebrei.
Matteo ha, anzi, connotazioni antiebraiche così spinte da far ipotizzare
la sua composizione in una comunità non soltanto essenzialmente Gentile,
ma anche fortemente competitiva con gli eventuali nuclei giudaici circostanti.
Appare comunque difficilmente negabile (ed è apertamente riconosciuto da tutti i vangeli canonici) il fatto che Gesù venne condannato e giustiziato da un tribunale romano e per i reati di sedizione e rivolta.
Dai quattro vangeli le udienze processuali (per alcuni due, per altri una ed in una occasione anche di fronte ad Erode ) davanti al Sinedrio appaiono diversamente rappresentate ma sembrano non arrivare ad una conclusione sostanziale e definitiva che possa giustificare con chiarezza l'esecuzione mediante crocifissione.
Ricordiamo ancora una volta che rientrava nei poteri del Sinedrio il condannare a morte e l'eseguire la sentenza stessa mediante lapidazione.
Evidentemente negare l'episodio della crocifissione, troppo noto o ormai divenuto parte integrante dell'iconografia, era proprio impossibile.
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