![]() |
GESU'
IL CRISTO PAG.5
|
IL REBBI
Diamo quindi per scontato (anche se non è detto che sia effettivamente così) che sia esistito un uomo denominato Gesù che sia vissuto in Palestina nel periodo che va dal 7 p.e.V.al 30/35 e.V..
Partendo dal presupposto di cui sopra e prendendo in considerazione i documenti disponibili (sia canonici sia gnostici ed apocrifi) la qualità di "Rebbi" di Gesù è troppo spesso rilevata , anche nei sinottici, perché non costituisca aspetto significativo della persona e la storica conseguenza della sua condizione maritale rappresenta elemento essenziale per tale qualità (la Legge Mishnaica è molto esplicita in proposito: "un uomo non sposato non può essere un maestro. Occorre anche tenere presente che la serie di successive aggiunte ed alterazioni imposte in successione alla struttura originaria della "storia" difficilmente poteva prescindere dagli aspetti giudaici, ben noti all'epoca, anche al fine di risultare evidentemente apocrifa).
Peraltro anche il lignaggio di Gesù sembra di gran lunga
superiore a quello su cui tanto abilmente scivola l'attuale iconografia. Gesù
appare istruito in maniera compiuta e completa (conosce la Legge più
che a sufficienza da poterla intepretare in maniera difforme dall'uso), tanto
da poter discutere apertamente nel tempio e con ragione (cosa non molto usuale
per un povero falegname, anche se il tipo di lavoro non rappresenta per i rebbi
ragione di impreparazione, anzi!).
E' uscito di recente un bellissimo libro di
John Dominic Crossan (THE BIRTH OF CHRISTIANITY - HarperCollins SanFrancisco
1998), le cui conclusioni peraltro non condivido, che, sulla base di una interpretazione
ragionata e ben documentata, ce lo presenta invece come un "contadino proveniente
da una comunità di contadini", da ritenersi "illetterato"
fino a prova contraria, (giocando sulla tradizione verbale e mnemonica degli
eventi e della Legge ebraica) che faceva parte di un "movimento" marginale
che agiva sulle frange del flusso sociale e politico principale e che operava
in "quieta" (ma qualche volta non così quieta) opposizione
a tali frange.
Doveva avere quasi certamente amici ricchi ed influenti (Nicodemo e Giuseppe di Arimatea, che negli apocrifi vengono spesso nominati) e, se la Maddalena (sicuramente nobile e ricca, sia per le amicizie sia per lo sfoggio di preziosità evidenziato a più riprese nei Vangeli) apparteneva veramente alla tribù di Beniamino, e Gesù, come è più volte ripetuto, apparteneva alla stirpe di Davide (come i figli di Giuda il Galileo, cui ho già accennato), la loro ipotetica unione coniugale avrebbe potuto rappresentare un micidiale fondamento su cui costruire una ragionevole rivolta contro sadducei e dominazione romana.
Mi permetto di ricordare che molte delle incongruenze che
a noi sembra di rilevare diventano assai meno significative se teniamo presente,
per esempio, che il celibato dei nostri religiosi viene codificato in epoca
assai successiva (molti papi ed un enorme numero di cardinali e vescovi risultano
essere stati regolarmente sposati, e con figli. Vedi Venti
secoli di Papato) e per ragioni più di politica ecclesiastica che
di fede.
Quelle che noi oggi consideriamo come "regole"
fisse ed immutabili del nostro credo (celibato del clero, proibizione dell'aborto,
i sette sacramenti, etc.) hanno avuto connotazioni molto diverse nel corso di
questi duemila anni: per esempio la comunione diventa un sacramento obbligatorio
solo nel 1215, con il IV° Concilio Laterano; il matrimonio diviene una cerimonia
ecclesiastica solo con il Concilio di trento del 1563; il celibato del clero
sino al grande Scisma aveva la forma attualmente conservata nella confessione
ortodossa (la più fedele alle norme originarie), etc.etc
Nel libro di Peter De Rosa "Vicars of Christ", viene stilato
un lunghissimo elenco di contraddizioni e di violazioni dell'etica e della morale
religiosa poste in essere (e pesantemente documentate) da papi e vescovi nel
corso di questi 2000 anni, e sono di tale portata che quella del matrimonio
e della congiunzione carnale sembrano essere le meno gravi.
In questo particolare contesto e senza esprimere giudizi di merito, credo importante ricordare il recente libro di Alvaro Innocenti, GUERRE DEL TEMPO NEL CIELO DI GIUDA, MEF Firenze, 2002, nel quale si spiega la vicenda e si ipotizza, con ineccepibile e vasta documentazione, come essa possa rappresentare un violento conflitto per il potere, mediato dal controllo del tempo. Nella sostanza ed assai poveramente, attraverso questa mia disgraziata sintesi, il bravissimo Innocenti porta alla luce la trascurata importanza della "misurazione" del tempo nella società agricola ebraica (ed in tutte le altre società con connotazioni simili). Colui che controlla il tempo è anche colui che indica quando seminare, quando raccogliere, quando effettuare le celebrazioni e quando i sacrifici. Un errore nella misurazione comporta, nel medio periodo, la distruzione dei semi e la perdita delle messi (con conseguente carestia, etc.etc.). L'autore considera la possibilità di uno scontro tra una classe dominante ed una popolazione essenzialmente seguace di un calendario lunisolare (determinato da molte precedenti correzioni e rettifiche) ed un profeta, con i suoi seguaci, che impone ed invita ad un cambiamento di carattere epocale richiedendo una scelta netta tra luce ed ombra, tra calendario solare e calendario misto o addirittura lunare (scontro già verificatosi anche in precedenza ed altrove). Pur rendendomi conto che è assai difficile poter accettare ragioni e giustificazioni così lontane da motivazioni per noi più comprensibili ed accettabili, giudico impossibile liquidare il lavoro di Innocenti con superficialità. Merita attenzione e riflessione, spiega incongruenze altrimenti difficilmente giustificabili e fornisce a studiosi e lettori un ipotesi affascinante e realistica da esaminare, da sfruttare e, eventualmente, da integrare.
Mi sembra utile premettere alcune indicazioni in merito alle
caratteristiche, anche geografiche, dei vangeli sinottici.
FRAMMENTO DI VANGELO - CANONI DI CONCORDANZA DI EUSEBIO DI CESAREA - ITALIA - VI SECOLO, VATICANO, BIBLIOTECA APOSTOLICA, VAT.LAT. 3806 F.2 VR. |
Il vangelo di Marco sembra essere il più antico ed appare
scritto in epoca appena successiva al 70 e.V.(la datazione sembra giustificata
dal riferimento alla "piccola apocalissi" del Cap.13, che sembra parlare
della distruzione del Tempio, ma se le ipotesi relative all'esistenza di una
ipotizzata fonte "Q" alla base di tutti e quattro i vangeli fosse
realistica, allora anche la sua datazione potrebbe essere assai più tarda,
p.e. 90/95 e.V., oppure il riferimento potrebbe essere accostato ad altro evento
critico della storia del Regno di Israele).
Da notare che sia nel Codex Vaticanus sia nel
Codex Sinaiticus (entrambi del IV° secolo) Marco si arresta a XVI:8, non
proseguendo nel racconto degli eventi post resurrezione.
Risulta diretto ad una comunità sotto il diretto controllo romano (forse Roma
medesima, anche se le ipotesi che ora vanno per la maggiore si limitano a ritenerlo
stilato in una comunità romana, da alcuni identificata come una qualche
località siriana a prevalente milieu Gentile) e restringe l'azione "politica"
di Gesù nel periodo temporale di un anno (cosa che si verifica anche in Matteo
e Luca, che, danno l'impressione di usufruire sia di Marco sia della ipotetica
fonte Q). Come ho già raccontato pare ne esista
una versione "segreta" , che costituì la base di diverse eresie
e della quale conosciamo alcuni passi da una lettera
di Clemente Alessandrino che lo dichiara veritiero, imponendo nel contempo di
negarne la verità.
Vorrei ricordare che le tesi
di O'Callagan relative all'attribuzione del frammento 7q5 al vangelo di Marco,
sostenute da C.Thiede ed altri, che dovrebbero provare la connessione tra Qumran
e Cristo (fortemente contrastata dall'Ecole Biblique per molteplici ragioni,
non ultima la vicinanza ad un ebraismo stretto da parte della regola di Qumran),
non può che avere il connotato della vaghezza.
Si tratta di undici lettere intere su quattro righe che altri hanno saputo attribuire
con maggior ragionevolezza (v. gli studi di E.Muro) a Genesis 46:20, identificando
ben altri nove brani dell'antico testamento che potrebbero rispondere al frammento
in discorso. Le tesi di Muro, anche in ordine agli altri frammenti 7q4.1 , 7q4.2
(attribuiti invece da O'Callagan alla lettera di Paolo a Timoteo 13,16-4,3),
7q8 e 7q12, non offrono il destro a discrepanze di carattere concettuale, rispettando
la moderata coerenza degli altri ritrovamenti. Non che questo debba necessariamente
confermare le tesi di Eisenman (che ritiene che Qumran fosse la prima comunità
cristiana, sotto la guida di Giacomo detto il Giusto, fratello di Gesù
[magari il Maestro di Giustizia], mentre Paolo di Tarso corrisponderebbe all'
"Uomo di Menzogna"), ma certo non sembra condivisibile l'ipotesi fantasiosa
ed incongrua di un Marco quale scriba di Pietro e di documenti di carattere
Paolino a Qumran, comunità che certamente non li avrebbe conservati con
cura ed attenzione, data la loro estraneità concettuale ai propri principi
ispiratori.
Matteo sembra compilato, probabilmente in Alessandria (l'Egitto assume una grande
rilevanza sia come patria di adozione di Gesù, sia per il particolare
rilievo assegnatogli), circa una decina d'anni dopo quello di Marco ed appare
assai sintetico nella descrizione dell'evento processuale e delle fattispecie
che lo provocarono. E' marcatamente anti ebraico, il che farebbe pensare ad
una località nella quale ci fosse grande competizione tra gruppo "cristiano/gentile"
e gruppi ebrei, cristiani o meno (da ricordare la rivolta ebrea di Alessandria
del 116 e.V., che diede il via all'ultima delle guerre con i romani, nella quale
vennero uccisi un gran numero di cristiani).
Il vangelo di Luca, la cui origine è ritenuta incerta, appare scritto in epoca
successiva e destinato ad una comunità cristiano/gentile di lingua greca (forse
Cesarea).
Compilato in due volumi (il secondo dei quali è costituito dagli Atti degli
Apostoli) sembra disporre di alcune informazioni privilegiate sulla Chiesa originaria
di Gerusalemme. Come quelli di Marco e Matteo limita la vicenda pubblica di
Gesù ad un'annata e presenta, rispetto a Marco ed a Matteo una visione meno
apocalittica, che dovrebbe farlo ulteriormente postdatare.
Nell'odierna interpretazione degli studiosi prevale la tesi che Marco e la fonte Q costituiscano la base documentale sulla quale sono stati redatti gli altri vangeli. Marco (o chi per esso) sarebbe responsabile della "trama" e/o "storia" e/o "racconto" in generale , mentre alla fonte Q verrebbero fatti risalire gli aspetti episodici/parabolici/gnostici della predicazione (peraltro estratti in maniera abbastanza evidente dalle Scritture).
Secondo le tesi del "Jesus Seminar" (molto controverso, ma prevalentemente per i riflessi comportati dalle sue intepretazioni teologiche e per le modalità di lavoro) , parrebbe quasi che Marco abbia prodotto il suo "vangelo" lovorando su di una versione orale ed incompleta di Q, risultando privo di alcuni preminenti insegnamenti e pronunciamenti profetici del Cristo che appaiono invece in Matteo e Luca (che potrebbero risalire, in parte, anche al vangelo di Giuda Tommaso Didimo [nome equivalente a Giuda Gemello Gemello).
Giovanni è ritenuto il vangelo più tardo e presenta differenze notevoli dagli altri tre. Sicuramente più spirituale e con forti connotazioni gnostiche estende la durata della vicenda pubblica del cristo su un periodo di tre anni e mostra una significativa intuizione del probabile retroscena politico.
E' l'unico vangelo nel quale venga riportata e ribadita più volte l'esclamazione,
indirizzata a Gesù, "E' IL RE DI ISRAELE", ed è anche l'unico che, approfondendo
l'aspetto procedurale della cattura e del processo, cita l'intervento di ben
due sommi sacerdoti: Anna (probabilmente Anania, ex sommo
sacerdote), che interroga per primo Gesù, e Caifa (sommo sacerdote in carica),
al quale Anna lo invia, legato, successivamente.
Nel racconto di Giovanni, Caifa sembra intervenire al solo
scopo di provvedere alla consegna del prigioniero al pretorio.
Nulla si dice di eventuali intercorsi tra il detentore dell'autorità religiosa
in carica (Caifa, sommo sacerdote) e Gesù.
Mentre i primi tre vangeli danno l'impressione di raccontare cose riferite da terzi o comunque mediate attraverso informazioni indirette, il quarto, quello di Giovanni, appare più diretto, dando persino l'impressione che il narratore abbia materialmente preso parte agli eventi narrati (anche se la parte finale viene considerata spuria), e finisce per mescolare insieme elementi sostanzialmente non del tutto compatibili (i caratteri gnostici e spirituali [ricordiamo che nei documenti gnostici il Gesù fisico praticamente non esiste, così come nelle lettere di Paolo], il racconto da "martire"[testimone] del discepolo prediletto relativo alla vita di Gesù. il resoconto quasi professionale ed apparentemente di prima mano di un processo romano ad un sospetto terrorista ed un finale di apparizioni e sparizioni di un irriconosciuto Gesù risorto).
Curiosa anche la risposta di Gesù a Pietro (Giov.21:22):"se io vorrò che questi rimanga (resti in esistenza) finché non venga io (per il giudizio), che importa a te?...", che fa persino credere agli altri apostoli che il "discepolo prediletto"(che è anche il narratore, magari nel 120 e.V.) non sarebbe morto sino al ritorno definitivo del Cristo.
![]() |
GESU'
IL CRISTO PAG.5
|
![]() |