SFAMIGLIA

Il suono è quello di una sirena d'allarme.

Cado dal divano e striscio tossendo e sputacchiando fino al maledetto telefono.

Cazzo!

Nessuno vuole rispondere dopo le dieci di sera e così lo prendo nel culo sempre io.

Il telefono e proprietà assoluta della Strega, dell'Orso e dell'Anaconda fino alle ventuno e trenta.

Dopo sono cazzi miei!

"Marco, come stai?- è mia madre- perché non rispondi subito? perché non rispondono i tuoi figli? e cosa fa quella signora (la Strega, mia moglie) invece di accudirTi?"

"Ciao mamma" cerco di interloquire, mentre trattengo i conati di vomito provocati dalla chemio.

"Beh! ciao ci sentiamo domani" aggiunge l'anziana ma dinamica signora che mi rese figlio.

E' cosi tutte le sere.

La Vecchia mi becca mentre sono assopito, nell'unico momento in cui sonno e stanchezza vincono il mio malessere

Mi sveglia ed io sto male per il resto della notte.

Non ho nemmeno la forza di lamentarmi con moglie e figli ed a mia madre non mi sento di dire nulla.

Rotolo fino in cucina e sputo catarro e bile nel lavabo.

Ingurgito qualche vitamina, pensando alle teorie di mio fratello il Chirurgo e sperando che , per una volta, abbia ragione.

Mentre rifletto sul fatto che a nessuno frega un cazzo dei miei malori ho un attacco di doppia Vista.

Le bianche pareti si dissolvono intorno a me ed appare la foresta.

Faccio due passi e sono con i miei elfi.

Gricche e Grocche mi saltellano intorno sghignazzando.

Broom mi tira per i pantaloni.

Vuol correre sino al fiume giù per la collina.

Strano, sembra uno gnomo vecchio e serioso, invece è un beffardo e simpatico burlone.

Mentre ci incrociamo volando giù per la valle, il vento caldo/freddo nella faccia, odo il pulsare potente del mio cuore, sento il mio corpo leggero ed elastico come quello di un ghepardo.

Non sarò mai come i miei amichetti di Altroquando, ma ho pagato il prezzo del sangue e per Loro un contratto è un "contratto".

In un modo o nell'altro vedrò i miei figli grandi ed i figli dei miei figli e via cosi.

La mia Realtà ha piegato la realtà degli altri ed il retaggio del Lucumone ha trovato nei miei geni malati un suo nuovo altare.

Mentre mi tuffo e sguazzo nelle limpide acque del grande fiume insieme ad elfi e ninfe penso, senza malizia alcuna, alla tristezza dei miei simili mortali e ringrazio la mia dolce follia che mi offre il riparo di un mondo alternativo da cui attingere il nettare della centralità.

Il mio cancro mi ha Ucciso e la mia pazzia mi ha reso immortale.

Strana contraddizione!

O no?






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Marco Capurro

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