NORMANDIA

Un giorno maledetto!

Quanto meno sfigato, se non peggio!

Quello in cui Le hanno detto:

"Ma davvero non siete mai stati in Normandia?!...

Non si può vivere senza aver visto S.Malò in agosto."

Una settimana di tormentose discussioni, con i miei bastardelli che mi spingevano verso l'abisso (i malefici mostretti si sarebbero ritrovati la casa libera per i loro comodacci), e poi sono miseramente crollato.

Due giorni dopo siamo partiti, la Strega ed io, con una mappa fornitaLe graziosamente dalle Sue amiche e la Polo stracarica di valigie, beauty-case, borsette ed altre carabattole.

La mappa, due metri per due, normalmente era accuratamente ripiegata sino alle dimensioni di una scatola di cerini.

Una volta aperta, possibilmente in un campo da football, risultava impestata da crocette, tracciati, annotazioni varie.

Il tutto, effettuato con evidenziatori multicolori, aveva grande somiglianza con una vomitata di tagliatelle al ragù disseminata di uva passa e semi di mais bolliti.

Primo giorno:

Partenza alle dodici antimeridiane.

Fermata di cinque minuti a Basel, visita della città, fermata di cinque minuti a Strasburgo, visita della città.

Passaggio rapido attraverso l'Alsazia/Lorena toccando Nancy e Metz.

Esame dello Champagne, con puntata a Reims.

Alle dodici pomeridiane visita notturna di Parigi (venti minuti).

Alle quattro di mattina siamo sempre a Parigi, cercando disperatamente uno degli hotel Arcadia (le Sue amiche Le hanno detto che in Francia o si usa quella catena alberghiera oppure si è "out").

Noi comunque siamo out ed alle sette di mattina, dopo aver piacevolmente sonnecchiato in macchina per tre ore, possiamo ripartire.

Rouen, Caen, Le Mont S.Michel (centomila turisti inscatolati in una rocca costruita su di un pietrone in mezzo al mare del nord, ma un posto così "in"...).

Visita di Cancale, piccolo borgo marinaro che ricorda vagamente le ricostruzioni di Cinecittà (ci sono solo le facciate degli edifici per impressionare i turisti), dove devo assolutamente mangiare una dozzina di ostriche crude e sabbiose appena prese dal locale vivaio.

Con la bocca ancora impastata dal limone con cui ho condito le ostriche visito S.Malò.

Incitato dalla Consorte scendo in spiaggia per fare fotografie.

Nel breve giro di venticinque minuti mi rendo conto di essere circondato dalle acque spumeggianti.

La maledetta marea è salita di cinque metri ed ora tra me la mia Polo ci sono trecento metri di marosi selvaggi.

La Strega , appoggiata disinvoltamente all'auto, mi saluta amorevolmente dal molo ma io mi sento male.

So che l'alta marea dura sei/sette ore ed io non ho tutto quel tempo.

Mi avvento nelle acque spumeggianti e, con l'esperienza e lo stile pallanuotistico che mi caratterizzano, dopo circa due ore arrivo, di testa, modello proiettile, sulla massicciata dove la Polo e la Strega mi attendono incazzatissime.

Nella traversata ho perso la Nikkon, la manica sinistra della giacca, la scarpa sinistra e le mutande (?).

Ci rifocilliamo in un bar, dove gli astanti mi consolano (nel loro stentato francese da normanni) con piacevoli commenti sul mio abbigliamento, sulla moda italiana e sulle primitive abitudini dei turisti italiani.

Raggiungiamo Dinard, controlliamo l'esistenza di Dinan e, nelle more dell'ora pomeridiana, visitiamo la Foresta di Broceliande (dove quel cazzone di Merlino ha nascosto la spada più famosa del mondo, certa Excalibur).

Il vecchio Taliesin up Miryddim si era scelto un posto veramente di merda dove passare l'età matura.

Una foresta dove riuscire a capire dove ci si trova sarebbe praticamente impossibile senza la strada che l'attraversa interamente.

Nel corso della visita alla foresta la Strega rileva, piacevolmente colpita, la presenza di grosse scimmie che ringhiano tra loro.

Mi ci vuole un certo tempo per farLe capire che si tratta degli abitanti del luogo e che il fatto che Lei non capisca il loro linguaggio non li rende meno umani.

Mentre ci dirigiamo verso St.Nazaire mi rendo conto con orrore del fatto che effettivamente il loro linguaggio era incomprensibile anche a me, che capisco otto lingue e ne parlo correntemente tre, e che le loro vesti somigliavamo molto ad una pelliccia.

Mentre la Strega mi tormenta sulle splendide cose che credeva di trovare, sui magnifici vestiti che sperava di vedere, sugli esclusivi modelli che doveva comprare, giungiamo a Le Croisic, diabolico paesino di mare, dove vengo costretto dalle moine della Vecchia Erinni a mangiare un'altra dozzina di ostriche crude a bagno nel succo di limone.

Nella nausea più totale ed ormai sicuro che non andrò più di corpo per il resto dei miei giorni (con tutto quel cazzo di limone) arriviamo all'una di mattina a Bourges.

Visita della città (cinque minuti), breve riflessione e via...attraverso la zona dei castelli della Loira.

Visitati, in piena notte ed a tempo di record, sette castelli, tre aziende agricole e quattro case di stupefatti villici locali, la Strega decide che l'unica parte della Francia che merita una qualche attenzione è la Costa Azzurra e, in quell'ambito, Saint-Tropez.

Malgrado le mie rimostranze (vorrei potermi lavare, mangiare decentemente e dormire un po') la tremenda Megera che mi rese padre mi costringe a ripartire verso casa.

"I bambini sono soli, hanno bisogno di noi."- dice il Mostro femmina, puntando sul mio senso della famiglia.

Dopo qualche commento sul fatto che siamo partiti soltanto il giorno prima, che i bambini hanno diciannove e diciassette anni, che io sono un malato di cancro, mi lascio convincere e parto, stile Le Mans, verso casa.

Clermont-Ferrat, Lyone, Chambery, Modane, non saprò mai che faccia avete.

Dato che sono ormai le sei di mattina riesco ad apprezzare le bellezze industriali di Susa , Torino ed Alessandria.

Siamo a Genova alle nove e trenta.

Alle dieci vengo invitato dalla Strega a levarmi dai coglioni, perché Lei deve disfare i bagagli. Alle dieci e cinque vengo insultato a sangue dai Bambini perché non sono riuscito ad annegarLa nella Senna o nel Rodano.

Alle dieci e dieci vengo obbligato ad andare a lavorare per non sprecare stupidamente altre Ferie.

Ho guidato per quattromilacinquecento chilometri in quarantacinque ore e trenta, ho mangiato ventiquattro ostriche e quattro limoni, ho fatto pipì tre volte e la cacca mai.

Non mi sono mai lavato.

Non credo di avere altra scelta e così vado in ufficio, dove potrò finalmente lavarmi, andare di corpo e, dopo essermi fatto mandare da mangiare dalla vicina trattoria, riposare un poco lavorando al computer.

Questa sì che è vita!



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